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INFERNO. — Canto IX. 195

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Commedia - Inferno (Lana).djvu{{padleft:199|3|0]]nos, capitolo I, dice: quod ante promiserat per prophetas suos in scripturis sanctis de filio suo.

Lo settimo errore fu d’alcuni, li quali puoseno e tenneno ch’alcune cose elle sono a perfezion di vita, fusseno di necessitade alla salute. Dentro li quali furono alcuni, che per arroganza si appellavano Apostoli, e diceano che nessuna speranza puote avere di salvarsi colui ch’era in matrimonio e possedea alcuna cosa propria. Altri tra loro erano che diceano ch’usar cibo di carne era tutto da schifare. Altri tra loro erano che teneano che la promission dello Spirito santo non fu in li Apostoli compita, ma era bene in loro. Contro lo quale è scritto in li Atti delli Apostoli, capitolo 2, Eutichiani dicunt homines[1] non posse salvar i nisi continuo orentet propter illud quod dicit dominus, Lucas XVIII: oportet semper orare e non deficere; lo qual detto è da tòrre, secondo santo Angustino che nessun die non passi che non si ori, o facciansi ovre conseguenti all’orazioni. Alcuni v’erano che diceano che nessun non si salvava se non andava sempre a piedi nudi. Contra li quali dice l’Apostolo ad Corintios I, 10; omnia tunc licent sed non omnia expedient. Per le quali cose s’intende che avvegna che li santi facciano una cosa, sicome aviene per espedizione, elli non è perciò che l’opposito sia illicito: sicome se i santi andavano per espedizione scalzi, l’opposito, che è andar calzati, non è però illicito.

L’ottavo errore fu quello di Joviniano, lo qual dicea che le ovre della perfezione non erano d’andare inanzi a quelle ch’erano comuni all’orazione de’ fedeli: sicom’elli ponea che lo stato della virginitade non era da preponere allo stato del matrimonio. Contra lo quale errore è l’Apostolo ad Corintios I. 7; qui matrimonio jungit filiam suam, bene facit; qui non jungit, melius facit. E similemente Vinilanzio, lo quale fece eguale lo stato della ricchezza a quel della povertade tolta per amor di Cristo. Contra lo quale è lo Evangelio di san Matteo XV: si vis perfectum esse, vade et vende omnia quæ habes.

Lo nono errore è quello di quelli che negonno lo libero arbitrio, li quali diceano che le anime di mala creazione non poteano peccare. Contra lo quale è la epistola di san Giovanni, 2: hoc scribo vobis ut non peccetis.

Lo decimo errore è delli Presidiani e delli Matematici, li quali subiugano li uomini al fato ed eziandio alle constellazioni in tal modo che tutte le sue opere sono per movimenti di stelle. Contra lo quale errore è Geremias X, lo qual dice: a signis cœli nolite timere etc.

Lo undecimo errore è di quelli che diceano che li uomini, ch’hanno la grazia di Dio e la caritade, non puonno peccare, per la quale cosa si segue che quelli che peccano o che hanno peccato, mai non ebbeno caritade. Contra li quali è l’Apocalissi II: charitatem tuam pristinam reliquisti; memor esto unde excideris etc.

Lo duodecimo errore è di quelli che diceno che quelle cose che sono universalmente per la Chiesa instituite e ordinate, non sono

  1. Qui erra la citazione, e il teso con vocabolo non chiaro punto.
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