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206 INFERNO. — Canto IX. Verso 96 a 112

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  E che più volte v’ha cresciuta doglia?
Che giova nelle fata dar di cozzo,
  Cerbero vostro, se ben vi ricorda,
  Ne porta ancor pelato il mento e il gozzo.
Poi si rivolse per la strada lorda, 100
  E non fé’ motto a noi: ma fé’ sembiante
  D’uomo, cui altra cura stringa e morda,
Che quella di colui che gli è davante.
  E noi movemmo i piedi in ver la terra,
  Sicuri appresso le parole sante. 105
Dentro v’entrammo senza alcuna guerra:
  Ed io , ch’avea di riguardar disio
  La condizion che tal fortezza serra,
Com’io fui dentro, 1’ occhio intorno invìo;
  E veggio ad ogni man grande campagna 110
  Piena di duolo e di tormento rio.
Sì come ad Arli, ove Rodano stagna,[1]

  1. V. 112. Così i Cod. migliori, e il Landiano il BP e i due interi dell’Università bolognese.

V. 100. Qui mostra com’en sollicite l’anime beate a fare suo uffizio. 104. Come appare nel testo entronno dentro alla città dolente. 109. Qui tratta del sito e della condizione di quelli ch’eran dentro, dicendo che grandi tormenti e dolori erano dentri, e aduce per esempio arche e sepolture che ivi erano, là dove pistilenziati li eretici di Arli, che è una terra che è in Provenza, alla qual va il Rodano e falli grande stagno over laco [1]; e trovasi per croniche che al detto Arli anticamente fu grandissima battaglia tra Cristiani e Pagani, per lo quale oste ne morì innumerabile quantità di ciascuna delle parti; in la qual briga mori Guiglielmo d’Oringa. Alla fine rimase lo campo a’ Cristiani. Sichè quelli che rimasero vivi, li quali erano cristiani, volendo per pietà seppellire li suoi, e gli altri, cioè li infedeli, no, e non conoscendoli feceno prego a Dio che a loro dovesse per grazia revelare quali fosseno li fedeli. Esauditi costoro dalla benignitade di Dio, apparve sopra ciascun corpo, ch’era in vita cristiano una cedola, in la quale era scritto lo nome e la condizione sua; costoro, visti tali nomi e facultadi feceno fare tumoli, overo arche, a ciascuno secondo sua condizione, a chi basse, a chi più alte, e a chi di maggior essere: ancora per la moltitudine di morti, mettenno più d’una condizione in una arca, e quelli ch’ebbono al mondo maggior essere, miseno soli. 113. Pola è in Istria, ed è una cittade in lo cui contado è grande moltitudine d’arche , le quali funno anticamente fatte per quelli

  1. Correggo coll’aiuto dell’Ottimo il passo stazione over loco.
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