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INFERNO. — Canto XXX. Verso 86 a 97 471

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  Con tutto ch’ella volge undici miglia,
  E men d’un mezzo di traverso non ci ha.
Io son per lor tra sì fatta famiglia:
  Ei m’indussero a battere i fiorini,
  Che avevan tre carati di mondiglia. 90
Ed io a lui: Chi son li duo tapini,
  Che fuman come man bagnate il verno,
  Giacendo stretti a’ tuoi destri confini?
Qui li trovai, e poi volta non dierno,
  Rispose, cenando piovvi in questo greppo,95
  E non credo che dieno in sempiterno.
L’una è la falsa che accusò Gioseppo;




V. 91. Qui dimanda Dante di due ch’erano apresso al ditto maestro Adamo, i quali per la loro lebra e insania fumavano, come elli dà esemplo nel testo delle mani bagnate lo verno.

97. Qui tocca l’autore una istoria del vecchio testamento, sì come è scritto nel Genesis, la quale brevemente fu in questo modo. Jacob figliuolo di Isac ebbe XII figliuoli, fra li quali lo minore ebbe nomo Josef; era molto bello garzonetto, si che lo ditto Jacob sovra li altri lo amava, e faceva ad esso tanto avantagio dagli altri, che li fratelli ne stavano in grande turbazione. Volseno costoro vedere remedio a questo fatto; menonlo un die seco a guardare lo bestiame, e quando funno a quello luogo, consigliormo insieme che doveano fare di costui. Alcuni v’erano sì spietati che diceano d’ucciderlo, altri diceano di lasciarlo che le fiere lo mangiassero, ed altri lo voleano tornare a casa; deliberonno di mettere costui in un pozzo ch’era lie, e tolseno li suoi panni di dosso, e squarcionnoli tutti, ucciseno uno agnello, e insanguinarono tutti li panni, tornonno a casa, e disseno che le fiere selvatiche lo aveano mangiato. Jacob irato e condolente di questo, pianselo molti die. Avenne che mercadanti di quel paese passavano l’altro die seguente per quelle contrade, udirono lamentare Josef, ch’era nel pozzo, trassenlo suso, e veggendolo così bello, lo portonno in Babilonia, e vendennelo a Faraone re d’Egitto. Costui si gittò persona savia e destra, sì che lo re lo fe’ suo donzello, e vestìe robba di famiglia del signore: montò in tanta grazia di tutti quelli della corte, che non gli era altro bene che Josef. In processo di tempo la moglie di Faraone[1] costretta d’amore concupiscivo invaghìo di costui, e miselo sì a cuore, che pensò per ogni modo di volere essere con lui. Costui era onesto, e però non volea Dio che elli si mischiasse con gente d’altra legge, sì ch’era molto ruvido e salvatico, a chi per cotal modo volea sua conversazione. La detta donna veggendo pur costui non

  1. Diamo il testo, non correggiamo, come già dicemmo, lo storico. L’Ottimo fa vendere a Pulifarre e innamorarsene la moglie. Ma dà Pulifarre castralo. Che facea la signora di quel castrato? Eunuco in antico non era come que’della storia moderna de’ Bisantini, ma camerier sogreto.
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