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VI PREFAZIONE

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Commedie di Aristofane (Romagnoli) I.djvu{{padleft:9|3|0]]solo nei drammi comici greci e latini sopravvissuti integri o in frammenti[1], ma in tutta una serie d’opere letterarie, che, secondo ha ineccepibilmente dimostrato Ermanno Reich[2], attinsero alla tradizione mimica. Altri sussidi troviamo in una quantità di monumenti figurati, tra cui devono in primissimo luogo annoverarsi le rappresentazioni ceramiche di scene fliaciche[3].

II

Fra i tipi più interessanti che animarono quella originaria commedia dell’arte, va ricordato il cerretano, di cui abbiamo già fatto cenno. Un vero Dulcamara. Arrivava da lontano a corbellar la fiera; e i gonzi a sentire la sua pronuncia esotica andavano in estasi:

  Se viene un medico
  paesano, e ci dice: «A quel malato
  dategli una scodella di tisana»,
  lo disprezziamo. Ma se lo sentiamo
  dir «scotella» e «disana», rimaniamo
  a bocca aperta. E così via. Se dice
  « bietola», e chi gli bada? Dice «pieta»?
  Siam tutt’orecchi! Come se non fossero
  bietola e pieta, zuppa e pan bagnato!

  1. Cfr. Origine ed elementi, p. 100.
  2. Der Mimus, Berlino. Weidmann. 1903.
  3. V. Heydemann, Phlyakendarstellungen, in «Jahib. d. Inst.», 1886 p. 282 sg. Si veda anche il mio studio: La commedia di Pulcinella nell’antica Grecia nel volume Nel regno di Diòniso (Bologna, Zanichelli).
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