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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu{{padleft:203|3|0]]gare; 4.° perchè è fidanzata; 5.° perchè io sono sotto la salvaguardia di tutte le sante ed i santi del cielo appesi alle pareti della mia camera, nonchè delle Anime Sante del Purgatorio illuminate giorno e notte da una mariposa.

«Presso la mia nuova padrona abitano altri stranieri che vanno e vengono, e un sarto piemontese, elegantissimo e coltissimo, e un commesso viaggiatore, che per le bugie che dice mi ricorda il colendissimo signor Francesco Carchide di Nuoro, tuo sfortunato pretendente.

«La signora Obinu tiene poi una vecchia cuoca sarda, che sta a Roma da oltre trent’anni ed ancora non ha appreso l’italiano. Povera vecchia zia Varvara! Essa è nera e piccina come una jana[1]: conserva gelosamente nel baule il suo costume natio, ma veste un ridicolo abito comprato a Campo di Fiori. Spesso io vado a trovarla, nella cucina buia e torrida, ed essa mi domanda notizie delle persone del suo paese, e crede che il mare sia sempre in tempesta come l’unica volta in cui ella lo attraversò. Per lei Roma è un luogo dove tutte le cose son care, e dove si può morire da un momento all’altro investiti da una vettura. Mi domandò se da noi si fa ancora il pane in casa; risposi di sì ed essa si mise a piangere, ricordando gli scherzi e il divertimento dei giorni nei quali si cuoceva il pane, a casa sua. Poi volle sapere se i pastori mangiano ancora seduti per terra,

  1. Fata nana delle tradizioni sarde.
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