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— Questo non impedisce che ora egli viva di elemosine e sia pieno di insetti, — rispose l’altro con disprezzo.

Allora zio Pera l’ortolano, che stava seduto accanto al fuoco col suo randello fra le ginocchia, recitò una canzonetta:

Onzi pessone bia
Nde juchet de munnia.
— E tue chi tu ses nende
Nde juches unu andende
Issu collette![1]

Il contadino si toccò istintivamente il colletto e tutti risero. Anche il contadino rise, si calmò ed anzi fece portare da casa sua un bottiglione di vino.

Anania e Bustianeddu, seduti in un angolo, sulle sanse calde, si divertivano nell’udire i discorsi dei grandi: e quando arrivò Efes, come sempre ubriaco, barcollante, vestito d’un vecchio abito da caccia del signor Carboni, Bustianeddu gli andò incontro e gli cantò la canzonetta di zio Pera.

Onzi pessone bia....

Efes lo guardò coi suoi occhi vitrei, rotondi e sporgenti, e mentre sulle sue guancie gialle e cascanti passava come un brivido di disgusto, la sua mano palpava il lurido collo della giacca abbottonata.

  1. Ogni persona viva — Porta pidocchi. — E tu che lo stai dicendo — Ce ne hai uno che cammina — Sul colletto.
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