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al servizio del re | 147 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Chiaroscuro.djvu{{padleft:153|3|0]] Anche l’altro volle scherzare:
— Ma cosa fate qui, tutti all’ombra? Andiamo fuori, andiamo un po’ in giro per la città di Nuoro. Su, andiamo!
— Ancu non ch’essas prus,[1] — imprecò zio Salvatore. — Meno male che ti beffi anche di chi non ti cerca, Orotollese!
— Lasciamo gli scherzi. Che nuove? — domandò ansiosamente il prete.
— Nuove di festa: hanno fattu petta![2] — disse il giovane beffardo, e raccontò l’assalto di Morgogliai, finito con l’eccidio dei banditi.
— Uno solo è fuggito. Ha avuto salva la vita perchè ha tradito i compagni: ha fatto la spia e morrà come Giuda.
I detenuti si rallegravano per queste notizie, sperando di ottener finalmente il rilascio; ma una scena singolare li turbò. Il vecchio prepotente, che in tutto quel tempo era rimasto rigido e solenne come un re in esilio, singhiozzava come un bambino.
— Che avviene? — gli domandò il vedovo burlone, battendogli una mano sulle spalle, appunto come si fa coi bambini che hanno inghiottito un boccone troppo grosso.
Il vecchio piangeva di rabbia e di vergogna, non per la morte dei banditi, ma per la viltà del loro compagno delatore.