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sero un aspetto strano, di giganti mascherati, in agguato dietro le roccie. Il giorno declinò, tutto diventò d’un grigio violaceo, il freddo si fece intenso; ma il giovine proprietario si mise a ridere.

— Ne abbiamo vedute altro che così! — si vantò col suo cavallo, il quale scuoteva le orecchie e lasciava dietro di sè, sempre più lentamente, le orme nere dei suoi ferri falcati. — Ti ricordi, Cumpanzeddu,[1] quando sui monti d’Oliena siamo caduti entro una nurra?[2] E là dicono ci sieno i demoni.... I demoni son neri, la neve è bianca: va là, cammina, Cumpanzeddu.

Cumpanzeddu trottava, ma la neve diventava sempre più fitta, incessante, silenziosa. Ci fu un momento in cui Mauro, nonostante il suo stoicismo, ebbe una strana impressione di fascino: gli parve di essere destinato a cavalcare così per tutta la vita, attraverso un paesaggio misterioso, nel silenzio terribile di una nevicata interminabile.

— Hai sonno, diavolo? — domandò a sé stesso, sbadigliando. — Vergògnati. Un gio-

  1. Piccolo compagno.
  2. Crepaccio.
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