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182 | g. deledda |
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Zio Felix lo guardava incantato. Così cominciò una vita beata per i Nurroi e per chi li avvicinava. Antine giocava spesso alla scherma — senz’armi! — col piccolo Minnai: questo era più abile, più svelto, e, cosa incredibile, riusciva spesso a vincere il lungo fratello. Allora Antine provava un brivido felino, una cattiva scintilla s’accendeva nei suoi occhi indifferenti, e il piacer del gioco gli diventava crudele.
Un giorno, pretendendo che Minnai avesse battuto a tradimento, lo prese a schiaffi, gridandogli improperi. Il piccolo non capì; comprese solo gli schiaffi, e si mise a piangere, coi puri occhi offuscati da grave dolore.
— Questo perchè mi sono abbassato! — disse Antine, e arrossì, ma non si sa se per essersi abbassato a giocar col fratello o per averlo ingiustamente schiaffeggiato.
Zio Felix continuava ad esser felice: quando era solo tastava religiosamente il mucchio di reliquie che gli pendeva sul nudo petto, e pregava Sant’Esias e Santa Varvara[1] per il bene del suo figliuolo.
- ↑ Sant’Elia e Santa Barbara.