< Pagina:Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

— 310 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu{{padleft:316|3|0]]

— Chissà! Chissà! — disse Lia, ricadendo nelle sue inquietudini.

Allora la zia Gaina le si avvicinò e le tirò il lembo della manica, accennandole di seguirla. La condusse nella sua camera o trasse di sotto a un mattone una chiave nera che pareva ritrovata in uno scavo preistorico.

— Apri la cassa, rosa mia.

Lia rise, turbata suo malgrado.

— Volete già consegnarmi l’eredità?

— Apri, ti dico, e non ridere! Tu sei come una giornata di marzo: un momento nera e un momento col sole....

Lia si curvò: rivide sul coperchio nero gli asfodeli e i fenicotteri incisi da un artista primitivo, e nell’aprire la cassa sentì salire, come da un angolo buio di giardino, un forte profumo di spigo e di pere mature.

— Ecco aperto: dov’è il tesoro?

— Guarda bene; leva tutto....

— Tutto? Ecco la tunica,[1] ecco il giubbone, ecco la burra,[2] ecco il corsetto, ecco le calze rosse.... qui c’è un vaso: è qui il tesoro?

— Lascia quello, guarda sotto quelle tovaglie....

Lia si sollevò, pallida, con gli occhi scintillanti.

— È molto, zia? Un milione?

Ma la vecchia non rispose neppure: non erano

  1. Sottana.
  2. Coperta.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.