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LIBRO SECONDO 107

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Della Nuova Istoria.djvu{{padleft:123|3|0]]fatto in ogni sua parte ombroso da boscaglia e destinato altre volte agli esercizj de’ combattimenti in armi. Egli, ascosevi entro quattro schiere di Celti, comandò loro che, arrivata l’oste nemica e datosi principio all’aringo innanzi alle mura, improvvisamente l’attaccassero, e, toltala in mezzo, ne menassero grandissima strage. Costanzo avutone cenno dagli assediati vi mandò tosto i duci Scolidoa e Manado, i quali, dall’intera milizia sotto i loro ordini scelti ì più coraggiosi infra gli armati alla greve e gli arcadori, chiusero tutte le porte dello stadio, ed ascesine i gradi superiori cominciarono a balestrare co’ dardi quanti stavatisi in aguato là entro. Taluni dei rinserrati allora, cogli scudi riparate le teste, furzavansi di romperne le porte, ma investiti anch’eglino da incessanti quadrella e spade, tutti giuntaronvi la vita. Mandate a nulla, con sì opposto artifizio, le insidie di Magnenzio, e venuti gli eserciti a tiro d’armi nella pianura sita ai avanti Mursa le due fazioni battagliarono con tale accanimento da non averne prima di questa guerra altro esempio, molti da ambe le parti cadendovi spenti[1].

Costanzo dunque considerando trattarsi d’una guerra civile, dalla quale non potea con propria soddisfazione riportar vittoria, e vedendo ridotto l’esercito, per la gradissima strage sofferta, alla condizione di non essere più idoneo a raffrenare i violenti assalti de’ bar-

  1. La perdita di Costanzo ascese a trenta mila guerrieri, e quella di Magnenzio a ventiquattro. Pugna sanguinosissima dall’una e dall’altra parte. T. S.
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