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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Diario di Nicola Roncalli.djvu{{padleft:46|3|0]]Gerente. Quindi, democraticamente, scesero a piedi per il Corso col numeroso corteggio e truppa, e, per la Fontanella di Borghese e S. Luigi de’ Francesi, si recarono alla Cancelleria.

Si osservò che in quella sala era stato abbassato il busto di Pio IX.

Vi erano 140 deputati presenti.

Armellini[1] aprì l’Assemblea con un discorso col quale annunziava esser compiuta l’opera della redenzione romana, e che Roma, fatta bastantemente forte, si sarebbe messa forse alla testa di tutte le altre nazioni; conchiuse che questo popolo non era più la dote di un Sacerdozio. (Applausi prolungati)[2].

Il Generale Garibaldi, deputato, progettò di stabilire all’istante qual forma di Governo doveva abbracciarsi. Meglio di tutti, però, convenire la repubblicana, e gridò: Viva la Repubblica! (Pochi applausi dalle Tribune).

Canino appoggiò il preopinante, e propose che non si dovesse sciogliere l’Assemblea se non fosse prima stabilito questo. (Freddezza nel pubblico).

Sterbini parlò contro, e rimproverò il Garibaldi della poca esperienza parlamentare. Conchiuse esser quella proposizione un oggetto grave che meritava riflessione, studio, discussione e non poche ore. L’Assemblea ed il popolo appoggiò, e si sciolse radunanza.

  1. L’avvocato Carlo Armellini era ministro dell’Interno.
  2. Questo discorso, lunghissimo, può leggersi negli Atti della Costituente romana, pag. 1.
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