Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
della pazzia | 119 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Elogio della pazzia.djvu{{padleft:132|3|0]]
Possiamo unire a costoro con tutt’onore i dialettici ed i sofisti, i quali fanno più strepito di tutto il bronzo Dodoneo[1], e ciascuno di loro potrebbe superare in cicaleccio venti e più donne, anche di quelle che sogliono distinguersi per ciarliere. Ciò non ostante sarebbe ancora da desiderarsi che non avessero altro difetto che il soverchio cicalare; ma per nostra disgrazia sono sempre pronti a disputare e a riscaldarsi anche per quistioni di lana caprina: e a forza di quistionare per sostenere il vero (come pretendono essi) perdono di vista il più delle volte la verità. Questi quistionatori eterni sono però sempre contenti di sè medesimi, e armati di tre o quattro sillogismi sono sempre disposti a sfidare alla tenzone chicchessia, e sopra qualunque argomento: l’ostinazione serve loro d’invincibile spada, e non cedono mai, quand’anche avessero a combattere contro uno Stentore[2].
A questi tengono dietro immediatamente i venerabili filosofi, rispettabili per la loro barba e pel loro mantello. Si millantano costoro di essere i soli sapienti, e credono che tutti gli altri uomini non siano che mobili ombre. Squarciamo questo velo di orgoglio e di presunzione, ed osserviamo che cosa sono i filosofi. Sono anche essi ridicoli pazzi: e chi può mai trattener le risa all’udirli sostenere seriamente l’infinità de’ mondi? Il sole, la luna, le stelle, tutti questi globi sono da loro così ben conosciuti,