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della pazzia | 13 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Elogio della pazzia.djvu{{padleft:26|3|0]]Eppure non mancò chi con grande perdita d’olio e di sonno esaltasse con istudiatissime lodi e i Busiridi [1], e i Falaridi [2], e la febbre quartana, e la mosca, e la calvezza, ed in fine ogni simil genere di peste. Perciò udirete da me stesso il mio panegirico, il quale per essere estemporaneo e non istudiato, sarà molto più sincero. Non immaginatevi che vi parli così per ostentazione d’ingegno, come suol fare la maggior parte degli oratori. Imperocchè costoro, come ben sapete, dopo avere stentato sopra un’orazione per ben trent’anni e talvolta dopo averla rubacchiata agli altri, han l’impudenza di spacciare che l’hanno tirata giù così per divertimento in tre giornate, oppure che l’hanno dettata. Io all’incontro ho sempre amato moltissimo di dire tutto ciò che mi viene sul labbro.
Non aspettatevi da me che, giusta il costume dei retori volgari, vi dia la mia Definizione e molto meno la mia Divisione. Imperocchè cos’è Definire? È rinchiudere l’idea di una cosa ne’ giusti suoi limiti. Che cosa è Dividere? È separare una cosa nelle diverse sue parti. Ora nè l’una, nè l’altra mi si convengono: infatti come mai limitarmi, se la mia potenza è estesa quanto il genere umano? Come mai dividermi, se generalmente tutto concorre a sostenere la mia Divinità? D’altra parte che serve infine dipignervi come l’ombra e l’immagine mia in una Definizione, mentre sono innanzi agli occhi vostri, e mi vedete al naturale?
Son io, come vedete, sì son io quella vera Di-