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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Elogio della pazzia.djvu{{padleft:61|3|0]]Degenerò il figlio di Cicerone, e il saggio Socrate ebbe dei figli, che più alla madre rassomigliavano che al padre, vale a dire, come è stato felicemente interpretato da taluno, erano stolti.
Sarebbe ancora un nulla se questi filosofi fossero incapaci soltanto delle cariche e dei pubblici impieghi; il peggio si è, che non son punto migliori per le funzioni, e pei doveri della vita. Invitate un saggio ad un convito, o egli serverà un profondo silenzio, o interromperà la compagnia colle sue frivole ed importune quistioni; prendetelo per danzare ei danzerà coll’agilità d’un cammello; conducetelo ai pubblici spettacoli; il solo suo aspetto impedirà il divertimento del popolo, e questo saggio Catone[1] ricusando ostinatamente di deporre la sua imponente gravità, sarà costretto a partirsene. Entra il saggio in qualche lieta conversazione? Tosto si tace ognuno, come si fosse fatto vedere il lupo. Si tratta di comperare, di vendere, di conchiudere un contratto, di fare insomma una di quelle cose, che accadono quasi quotidianamente ad ognuno? Voi prendereste questo sapiente piuttosto per una statua, che per un uomo, tanto si mostra in ogni faccenda impacciato. Così il filosofo non è buono nè per sè, nè pel suo paese, nè pei suoi. Mostrandosi sempre nuovo nel mondo, ed in opposizione alle opinioni ed ai costumi dell’università de’ cittadini, egli si attira con questa differenza di sentimenti e di maniere l’odio di tutti.
Tutto quanto si fa dagli uomini è pieno di pazzia; sono pazzi che agiscono con pazzi; pertanto se
- ↑ Si racconta di Catone, che assistendo egli ai giuochi Floreali, e non volendo gli Attori incominciarli, perchè le donne danzavano nude, e gli uomini formavano gruppi lascivi, gli fu imposto o di deporre la sua gravità, o di partire, ed egli prese immediatamente quest’ultimo partito.