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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Elogio della pazzia.djvu{{padleft:86|3|0]]e soffiano dalla stessa bocca il caldo ed il freddo[1]: esprimono costoro colle parole tutto l’opposto di ciò che senton nel petto.
Non posso qui dispensarmi dal compiangere la sorte de’ principi: ahi quanto sono infelici! Inaccessibili alla verità, non hanno per amici che adulatori. Ma mi risponderà taluno, che non devono però pigliarsela che con loro stessi. Per qual ragione mai abborriscono i principi di porgere orecchio al vero? Perchè mai detestano la compagnia de’ filosofi? Ah ben sapete che ciò nasce dal timore che hanno i principi d’incontrare fra questi filosofi qualche petulante, il quale ardisca di dire loro piuttosto quel ch’è vero, che quel che piace! Di buon grado accordo che la verità è a tutti odiosa, e molto più ai monarchi; ma questa ragione è appunto quella che fa maggior onore ai miei pazzi. Non dissimulano nemmen questi i vizj e i difetti dei re; che dico io mai? anzi gl’insultano, e gl’ingiuriano talvolta, senza che questi padroni del mondo se n’offendano, o ne provino dispiacere. Noi sappiamo che i principi, invece di sdegnarsi, ridono di tutto cuore, quando uno stolto loro dice di quelle cose, che sarebbero più che
- ↑ Qui l’autore vuoi alludere all’apologo che Aniano; il favoleggiatore, racconta in questa maniera: «Nel massimo rigore del verno un contadino accolse un Satiro nel suo casolare. Questo Satiro, avendo veduto il suo ospite soffiarsi sulle dita, gli disse: Perchè fai così? Rispose: Per riscaldarmele col tepore del fiato. Quindi essendosi posti a tavola, e vedendo il Satiro che il contadino soffiava sopra una vivanda troppo calda, gli dimandò di nuovo perchè tornasse a soffiare. Il contadino gli rispose: Per raffreddarla. Allora il Satiro levatosi subitamente, gli disse: Come tu mandi fuori dalla bocca il caldo ed il freddo? Ah non voglio, soggiunse, aver commercio con simili persone! e in questo dire se ne fuggì prestamente.