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28 | LA FARSAGLIA |
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Regge lo stesso in altro mondo[1]
560E se cantate il ver, di longa vita
È la morte il sentier. Nel loro inganno
O del Settentrion popol felici,
Cui di morir la tema infra i spaventi
Il più feral non ange. Indi sì pronti
565S'avventan fra le spade, ed hanno a vile
Il non troncar i redivivi giorni.
E Voi già scudo ai Cauci Capelluti[2]
Ite ver Roma abbandonando i lidi
Del Ren feroce, e d'latri regni il varco.
570Come al Guerrier le gran raccolte forze
Fur monumento di più vaste imprese,
L'Italia ingombra, e le cittadi inonda.
La Fama menzognera ancor s'aggiunge
Ai ver timori, e con fallaci spettri
575Del popolo s'indonna, e già dipinge
L'orrido scempio, e rapida foriera
Dell'aspra guerra in falsi vaticinj
Scioglie le cento ligne. Evvi chi reca,
Come d'Umbria nei campi, e dove il Nari
580Scorre nel Tebro, audacemente all'armi,
E a corseggiar precipitose vanno
Del fier Cesar le schiere. A lui dintorno
L'aquile tutte e le Romane insegne
Veggon fra'l denso stuol, nè come un tempo
585Già lo ravvisan: più feroce e grande
S'offre a lor guardi, e pe' trofei più altero;
E veggon lui seguir del Ren, dell'Alpi[3]