< Pagina:Farsaglia1.djvu
Questa pagina è stata trascritta ma deve essere formattata o controllata.

DI LUCANO LIB. I 33

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Farsaglia1.djvu{{padleft:35|3|0]]

Vaticinò oracoli tremendi;
E Mario sorto dall'infranto avello
I rozzi agricoltor in fuga volse.
  710Perciò Roma seguendo il prisco stile
Chiama i Toschi indovini, infra cui d'anni,
E di senno più grave il saggio Arunte[1]
Abitator della deserta Luna
Esperto già nel rintracciar le vie
715Del fulmine, e le fibre palpitanti
Degli animali, e degli augelli il volo
Vuol che del fuoco i parti informi e i mostri
Sian miserabil preda; indi comanda
Che la Città si lustri, e colle sacre
720Pontifical Procession si purghi
Il Pomerio e le mura. I lor vestigi
Segue la minor turba adorna il tergo
All'usanza de' Volsci, e la bendata
Sacerdotessa al Vestal Coro è duce,
725A cui sol lice investigat gli arcani
Della Teucra Minerva; indi i custodi
De' Sibillini carmi, e que' che tersa
Traggon Cibele dall'angusto Almone;
I Settemviri, gli Auguri e i compagni
730Di Tazio, e i Salj coi celesti scudi
Al collo appesi, e nelle sacre bende

  1. Era superstizioso rito dei Romani il ricorrere agli Indovini, affinchè spiegassero i fenomeni o del Cielo, o degli animali. Ma le colte persone non vi prestavan fede. Difatti Flaminio nella guerra Punica dovendo combatter per mare contro i Cartaginesi per appagare le Truppe consilto gli auspici tolti dal mangiare dei polli; ma vedendo che dalla gabbia non sporgevano il becco per cibarsi, la di cui inappetenza era un segno fatale; ebbene, disse, se non voglion mangiare vadan essi a bevere, e gli fece gettar nel mare; ciò non dimeno fece dare la battaglia, e la vinse.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.