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DI LUCANO LIB. I 37

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Poichè quale Baccante in giu dai gioghi
820Scende di Pindo smaniosa e calda
D'Ogigio Bacco, tal per Roma scorre
Una Matrona con tai detti in altro[1]
Levando Febo, che si graffia il seno.
  Dove, o Pean, son tratta? In qual arresti
825Piaggia il mio volo? I bianchi gioghi io veggo
Del nevoso Pangeo: veggo Filippi
A piè dell'Emo: tu m'insegna, o Febo,
Qual è questo furor: qual man, qual armi
Trattin le Lazie schiere, e qual è guerra
830Senza nemico. Ove travolta io sono?
Mi traggi all'Oriente, ove nel mare
Cangia il Nilo Lageo l'onde salubri:
Io lui conosco, che deforme tronco
Giace su'l lido: ora la cruda Erinni
835Spinse l'Emazie schiere: ora trasvolo
Sovra i gioghi dell'Alpi e di Pirene,
Fredda sede dei nembi: io già ritorno
Al patrio suolo, e scellerate guerre
Sorgon nel seno del Senato: i Padri
840Riprendon l'armi, e per il mondo tutto
Io già ritesso il corso: al mio piè segna
Nuovi lidi di mare, e nuova terra;
Di Filippi io già vidi il suolo, o Febo.
Si disse, e cadde pe'l furore esangue.





  1. All'uso dei Poeti, che predir sogliono il passato come futuro introduce una Profetessa. Vi avevano presso gli Antichi gli oracoli i quali erano o impostura, o effetto di arte diabolica. Si vuole per altro che le Sibille fossero investite da forza Divina, che lor faceva antiveder l'avvenire.
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