< Pagina:Ferrero - La palingenesi di Roma, 1924.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
la distruzione 61

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ferrero - La palingenesi di Roma, 1924.djvu{{padleft:72|3|0]]trimoni coi vicini » [1]. Perchè Roma potesse seguire la via gloriosa tracciata negli astri, Romolo risolse, dopo il rifiuto, di violare per una volta la legge, obbedendo quasi, come Loth, a un comando divino. E spiegò poi « che ciò si era fatto per la superbia dei padri, che avevano negato i connubi ai loro vicini; ma che quelle tuttavia sarebbero legittime spose nel matrimonio e nella comunità di tutte le fortune di Roma e dei figli, dei quali non vi è per gli uomini cosa più cara. Perciò calmassero l’ira e concedessero gli animi a coloro ai quali la fortuna aveva dato i corpi » [2].

E dopo aver vinto i Ceninensi, i Crustumini e gli Antennati che volevano vendicare l’ingiuria, Romolo portò sopra una barella le spoglie del duce nemico, le appese ad una quercia sacra sul Campidoglio, e consacrò un tempio a Giove Feretrio con queste parole:

« O Giove Feretrio, io, Romolo, re vincitore, ti offro queste armi reali, e ti consacro il tempio che ora ho fondato in questa terra, perchè nel tempio siano deposte le prime spoglie che i posteri, seguendo i miei esempi, toglieranno ai re uccisi in battaglia » [3]. Per S. Agostino il ratto delle Sabine non è che una violazione della morale. Per Livio è il momento sacro e solenne da cui comincia la storia di Roma, è

  1. (1) Livio, I, 9.
  2. (2) Livio, I, 9.
  3. (3) Livio, I, 10.,
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.