< Pagina:Frascherie.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
126 Delle Frascherie

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Frascherie.djvu{{padleft:126|3|0]]

Per la tua Naturaccia irresoluta,
  Che non li muta mai, sporchi si fanno,
  Sempre fà porcherie, chi non si muta.

Questi, e simili Componimenti, benche di Cartelli, non meritino le condannagioni; non devono meritar nè meno il lodevole titolo di Satire, ancorche Satirici siano: nella guisa, che un membro, non deve appellarsi huomo, benche d’humano busto si spicchi. Per dar saggi compiuti di un’Arte sono necessarie le ampiezze. L’arte è come la fiamma, se ha pastura si dilatta. E però anche certo, che la vera Satira non è organizata di tai membri, che l’Autore sappia in qual guisa debba generarli, e distinguerli. [1]Partes in Satyra nullae, quarum legibus ad certum numerum certamve dispositionem deducaris, disse lo Scaligero. Si sà bene, che la Satira è un corpo nelle sue confusioni ordinato: e benche habbia in uso alle volte di svolazzare oltre i suoi Territorij, tornano però sempre al centro i suoi giri; e come dello stile Pindarico avviene, dilattando il campo alle sue prodezze, adita sempre con lo svagamento l’ampiezza delle sue facultà ingegnose. [2]Abrupta omnia, non tamen, non cohaerentia, disse favellando di lei lo Scaligero. In queste parti intricate per la integrità d’un ordine, consiste la difficultà, e la bellezza della Satira. Poli-


  1. Scal.
  2. Scal.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.