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Fascio Secondo. | 137 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Frascherie.djvu{{padleft:137|3|0]]le satire, nella guisa, che le Lucerne, se v’è sale dentro, ardon meglio.
Ammette alle volte i Dialoghi, i quali rendono etiandio più difficile la testura satirica per la oppositione de’ sensi; mà non devono in ciò imitarsi gl’antichi, che non facendo distintione d’interlocutori, cagionarono ne’ versi sentimenti confusi.
[1]Ex perturbata ratione personarum, disse Casaubono, in questo peccò più di tutti Horatio.
Ama la satira particolarmente l’Idiotismo; mà vi vuol’Arte in usarlo, [2]Idiotismum praecipue adamant, rem, quae inter oratorias, & poeticas virtutes raro procedit, magnoque indiget temperamento.
Non esclude qualche oscurità, od ambiguità; perch’è naturale una indistinta implicanza in chi hà sdegno, ò teme di lacerar apertamente un vitioso. [3]Plerumque obscuri, & implicati, multa ambigue dicunt, & subdole.
Insomma i satirici, conchiuse Politiano, in argomento delle loro elaborate industrie: [4]Reprehendunt, acriter insultant impotenter, vafre cavillantur, austè obrepunt; effluunt lubrice, tergiversantur, illudunt, dissimulant, ardent, versant, suspendunt, feriunt, pungunt, provocant, titillant, stomacantur, attonant ceu fulmine omnia, & concutiunt.