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58 Delle Frascherie

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Frascherie.djvu{{padleft:58|3|0]]Capi, in quali non alla Fama, ch’esser deve l’interesse de’ Grandi, mà all’interesse per cui tentano la Fama i Privati, con somma cura attendevano; e pur si sa, disse[1] Tiberio a Seiano: caeteris mortalibus in eo stare consilia, quod sibi conducere putent: Principum diversam esse sortem, quibus praecipua rerum ad Famam dirigenda.

E perche i corpi muoiono, ò per interne indispositioni di qualità homogenee, ò per estrinseche cagioni di sregolata vita, credevasi da alcuno, esser l’Asia ad un mortifero rischio vicina; mentr’è destino d’ogni Città, diceva Anibale[2], se non le nascono inimici fuor di casa, produrli di dentro.

Si decretò in somma, tutti i Regni haver gli Orti, i Meriggi, e gl’Occasi: e’[3] periodi d’ogni Imperio esser fatali, come disse Cratippo a Pompeo.

[4]Platone organizò con la sua Idea una ben ordinata Republica: e pur non seppe assicurarla dalle alterationi, e dal fine, conchiudendo: quod nihil in statu maneat; sed ambitu quoddam temporis mutaretur.

Mà perche ne gli estremi discorsi motivò Stanperme, che le corruttioni de’ Regni nascevano per lo più da’ Grandi, come che i pesci dal Capo a putrefar comincino, recitò a gli Amici una morale Oda a Capi de gli Eserciti Asiatici, in questo tenore.


  1. Corn. Tac.
  2. Liv.
  3. Plut.
  4. Plat.
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