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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gazzetta Musicale di Milano, 1842.djvu{{padleft:144|3|0]]ramento, una Vestale, un’Anna Bolena, un Elisir d’Amore, una Saffo, una Chiara di Rosemberg, un’Ines de Castro, una Pazza per Amore. I quali tutti maestri ed Opere non so se potessero senza onta al buon senso e alla verità chiamarsi ragguardevoli per numero piuttosto che per celebrità meritata e per vera bontà di arte e di magistero melodrammatico. “Ella è decaduta, prosegue il sig. Vitali, perchè da vent’anni in poi il ceppo della musica italiana non ha dato più verun rampollo che sia da porsi a fronte di quelli che germogliarono vent’anni avanti.” Ma se egli è vero che lo stato dell’arte debba spezialmente dalle opere ragguagliarsi, io domanderò quale è di quasi tutti i citati spartiti (riconosciuti eccellenti da tutta l’Europa e tali da oscurare, nell’opinione dei popoli ogni precedente esemplare di musica di genere drammatico ([1]) ) che non abbia veduto la luce entro il periodo degli ultimi dieci o dodici anni trascorsi? Ma il signor Vitali stranamente presume che tutti questi celebri compositori che vivono e scrivono fra noi, il Nestore dei quali non ha forse ben cinquant’anni, debbano spettare ad altra epoca anteriore alla nostra. Ora io mi do per vinto al sig. Vitali. Quando dovendo io parlare della musica drammatica italiana nel secolo XIX, quando trovandomi in sul bel principio dell’anno 1842, quando ragionando de’maggiori ingegni che hanno l’arte illustrata, quando trovandoli viventi, scriventi e fiorenti oggidì, io dovea pur concludere che oggi l’arte è decaduta perchè questi maestri non appartengono all’epoca nostra; dato questo per sano e ragionevole argomento, io mi do per vinto al sig. Vitali. Ma no. Tanto più è assurdo e temerario il proclamare per sì fatto modo il decadimento dell’arte in quanto che questo si ardisce in faccia ai benemeriti ed operosi ingegni che sono stati gli autori del suo stato fiorente, e che tuttavia si adoperano a mantenerla in onore. Oh! Bellini, che nel tuo breve passaggio pel dominio dell’arte, apristi il tesoro di quel purissimo stile che assicurò (per la tua imitazione) un lieto avvenire alla musica drammatica, odi come, in onta al fatto, sono avuti a nulla i pregi de’ tuoi felici imitatori!
E che cosa vuol egli dire il sig. Vitali quando protesta che parlando del decadimento dell’arte egli vuole alludere a que’ maestri che dopo Rossini e Bellini comparvero sull’orizzonte teatrale? Forse che egli pretende che quegli astri novelli che si affacciano pur ora appena all’orizzonte debbano di subito oscurare e vincere que’ tanti soli che risplendono a pien meriggio? Forse che a questa sola condizione potrebbe la musica essere oggi in fiore tra noi? Come se morto Raffaello e, invecchiato Michelangelo, si fosse potuto ragionevolmente predicare il decadimento della pittura in faccia al Coreggio, a Tiziano e alla schiera di tanti artefici eccellenti che la mantennero anche un pezzo in onore! Ma che dico io invecchiato Michelangelo? Rossini non è vecchio e scrive ancora. E poi con qual fondamento si potrà indovinare la niuna riuscita de’giovani che si vanno producendo, solo perchè non incominciano balzando di seggio que’ maestri che sono rafforzati dalla opinion popolare di molti anni e dal trionfo degli ottenuti plausi ed encomii? E Rossini medesimo colla Cambiale di Matrimonio, coll’Equivoco Stravagante e col Demetrio e Polibio offuscò forse per modo nessuno i nomi di Paer, di Mayr di Generali? D’uopo è che il tempo co’ suoi periodi riposati e maturi rimeni que’ fatti in sui quali possa la critica ragionare con fondamento di esperienza; ed è intempestivo, ingiusto e al tutto assurdo proclamare la musica scaduta in Italia perchè fra i novelli maestri che sono sòrti da cinque o sei anni, niuno è che abbia oscurato que’ grandi che pur vivono e fioriscono tra noi; e lo involgere per sì fatta forma l’ordine de’ tempi e lo stato dell’arte, siccome fa il sig. Vitali, misurando le epoche a palmi, mostra che egli patisca difetto di critica ragionata. E se egli assegna Rossini, Bellini, Mercadante, Donizetti e Pacini ad altra epoca e non alla presente, domanderò io a quale epoca egli ascriverà le opere dello Stabat Mater, della Vestale, della Linda di Chamounix e della Saffo, scritte quasi tutte nel 1841? Poi gli domanderò se questo Stabat Mater sia indegno dell’autore del Guglielmo Tell, se questa Vestale sia inferiore ai Normanni in Parigi, se questa Saffo sia poca cosa in paragone degli Arabi nelle Gallie? E così lo riprenderò di avere asserito che costoro non abbiano negli ultimi tempi fatto niente che si possa non comparare ma appena avvicinale al Guglielmo Tell, al Mosè, all’Elisa e Claudio, ai Normanni a Parigi, all’Anna Bolena, all’Elisir d’Amore. Poichè, quanto a Donizetti, con una serie di Opere eccellenti egli, dopo l'Anna Bolena, s’è tenuto all’altezza del suo grado colla Parisina, colla Lucrezia Borgia, col Furioso, col Torquato Tasso, ed ha poi incontrastabilmente superato l’Anna Bolena col Marin Faliero, colla Gemma di Vergy, col Belisario, colla Lucia di Lammermoor, col Roberto Devreoux e colla Maria Padilla. E per tacere delle ultime sue Opere scritte con tanto plauso pel teatro francese, non ha egli forse a giudizio dei migliori critici musicali di Vienna, colla sua recente Linda di Chamounix di lunga man superato il suo Elisir? Dire poi che Mercadante non abbia fatto niente di meglio dopo i suoi Normanni, è quanto mostrarsi insufficiente a conoscere i pregi dell’ultima maniera grave, declamata, originale, dottissima da lui adottala. Egli è quanto non avere idea dell’ultimo confine di squisitezza e di gusto a cui possa essere recato il magistero dell’abbondante istromentazione. Egli è quanto avere a nulla il pregio singolare della maggiore elevatezza e sostenutezza di stile unita alla maggiore melodica semplicità e all’arte incomparabile di disporre le parti tutte al migliore effetto musicale e drammatico, rifornendo la composizione d’una peregrina tinta melodica sempre nobile ed elevata e di un sussidio armonico continuato e perenne di tutto buon gusto e di profondo sapere. Di questa nuova maniera Mercadante ha negli ultimi anni dato al Teatro i Briganti, il Giuramento, il Bravo, le Illustri Rivali, l’Elena da Feltre e la Vestale. E chi volesse queste Opere con altro nome chiamare che con quello di capolavori sarebbe piuttosto ingiusto che severo ([2]). E per venire a Pacini, chi non ammirerà nella sua Saffo maravigliosa la trasformazione di un genio aborrente dal vecchio fluido rossiniano e che dopo un riposo meditabondo di molti anni, viene dolcemente informando i suoi affetti amorosi alle pure delizie della belliniana melodia, prendendo uno stile grave e solenne qual si conviene al soggetto, scegliendo le tinte stromentali e temperandole in sul far moderno di Mercadante, e per tal modo rivestendo di nobile corredo di scienza le sue più fresche e sublimi inspirazioni? Or che dirò io di Rossini e del novello suo Stabat? Non è egli questi l’atleta formidabile della musica del secolo che riscossosi da un sonno ben altro che di oziosità e di noia dell’arte, disdegna e ripudia le sue viete forme e, solo nello stile, attenendosi all’ultima sua grand’opera drammatica, desso pure preso si mostra delle forme più raffinate e complete de’ suoi felici successori? Oh! come quest’opera del Genio maraviglioso parla eloquente contro tutti gli imperiti vantatori della sua vecchia maniera! Come quest’opera validamente condanna tutti i ciechi spregiatori del tesoro inestimabile delle nostre odierne glorie musicali! E che cosa pretendono questi nuovatori irrequieti? Non hanno eglino altro argomento onde ragionare di cose di musica se non quello di predicare ingiustamente la decadenza dell’arte? Temono essi forse che fosse per mancar loro abbondante ed utile materia solo che si proponessero di opporsi agli abusi, d’occuparsi della parte letteraria e storica della musica e di darsi alla sana e ragionevole analisi delle composizioni ove fossero da tanto di trattarla a dovere? Nè dica il sig. Vitali che io colle opinioni manifestate nel mio articolo del N. 5 mi sono messo all’emisfero antartico della Gazzetta musicale, poichè la Gazzetta generalmente non dissente da queste mie opinioni, siccome ebbe a dichiarare in una nota apposta al detto articolo del N. 5 ([3]), e come ho potuto io assicurarmi e può ciascuno vedere ne’ giudizii dati da questo giornale sulle prime rappresentazioni in Milano della Maria Padilla, della Saffo e del Nabucodonosor del Verdi. Anzi debbo io dichiarare che torna di gran conforto all’arte ed a molta satisfazione de’ veri intelligenti il vedere come questo giornale nel tempo medesimo che si studia d’infondere e propagare l’amore de’ gravi studii musicali e di opporsi con una critica considerata agli abusi che minacciano di allignare, non però punto trascura l’incoraggiamento e la lode de’ novelli compositori, ove si crede con fondamento poterla dispensare, siccome abbondantemente ha fatto in ispecie verso l’autore del Nabucodonosor, e come io credo sarà sempre per fare in avvenire. Non dica dunque il sig. Vitali che io sia all’emisfero antartico della Gazzetta perchè la Gazzetta stessa per me gli risponde che questo è falso, e perchè in generale non si può dissentire da queste mie opinioni senza mettersi in opposizione coi fatti ([4]), senza invertire l’ordine dei tempi, senza assumere una critica falsa e spro-
- ↑ A questo e ad altri punti della risposta del signor Mellini replicherà a suo tempo il signor Vitali, colle cui opinioni e vedute in fatto di musica noi dichiariamo di consentire molto più che non con quelle del sig. Mellini, benchè non opiniamo che sia al tutto privo di fondamento il suo argomentare. L’Estens.
- ↑ Particolarmente su questo punto dichiariamo per conto nostro di non essere per nulla del parere del signor Mellini. L’Estens.
- ↑ In quella nota abbiamo detto che approviamo alcune idee parziali e speciali giudizi del sig. Mellini, ma quanto al modo di riguardare le presenti condizioni della musica in Italia siamo al tutto discordi da lui. L’Estens.
- ↑ Ci riportiamo alle antecedenti nostre note. La replica del sig. Vitali proverà, ne siam certi, al sig. Mellini, che si può benissimo dissentire in generale dalle sue opinioni, senza mettersi in opposizione coi fatti, anzi a questo appunto appoggiandosi, senza investire l’ordine de’tempi, ecc., ecc. L’Estens.