Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
- 14 - |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gazzetta Musicale di Milano, 1842.djvu{{padleft:20|3|0]]maginativa, sa tenersi sì stretto alle scorte della dottrina da potere addimostrarsi più sapiente che ispirato! La storia musicale de’ nostri giorni ricorda le patenti di inettezza e di ignoranza prodigate dalla pedanteria all’esordiente autore della Cambiale di matrimonio e dell'Inganno felice. Eppure quell'esordiente diventò Rossini, l’autore del Guglielmo Tell e dello Stabat! - I progressi fatti da Bellini nella parte scientifica, dal Pirata ai Puritani, furono immensi. Ciò solo valga a rispondere al signor Fetis e a persuadergli, se è possibile, che a Bellini non mancava l’istinto ma sì lo studio pratico dello stromentale. La cosa è ben diversa!
(C) O ci inganniamo a gran partito, o ne pare che questo non possa asserirsi dell’autore della Sonnambula, della Norma, della Beatrice Tenda e dei Puritani. Vero è bensì che nello Opere il Pirata e la Straniera, le quali segnano la prima maniera del compositore, non peranco educato alla pratica dei larghi effetti teatrali, il Bellini pose forse troppo amore alle melodie sillabiche e conteste di brevi frasi interrotte; ma questo genere di locuzione musicale, che pure in certi dati casi ha la sua particolare attrattiva e serve mirabilmente al linguaggio dell’animo e alla espressione degli affetti in contrasto, venne da lui abbandonato mano mano si elevarono le sue idee, e si emancipò il suo spirito dal bisogno di una timida imitazione. Gli ultimi spartiti di Bellini abbondano di canti largamente disegnati e svolti con libere forme: basti ad esempio il solo finale ultimo della Norma, che davvero può dirsi il pezzo nel quale è più specialmente caratterizzata la grandezza dello stile belliniano. Crediamo quindi non andare errati nell’affermare che per nessun modo le melodie, così dette sillabiche dal signor Fetis, siano a considerarsi come l’impronto speciale del musicale ingegno di Bellini.
(D) Nota è già che i compositori italiani, dall’epoca dei trionfi degli spartiti di Bellini in poi, si proponessero di imitarne lo stile, come parrebbe voler far credere il signor Fetis, limitando così tutti i nostri maestri viventi alla umile parte di seguipedi; bensì, mossi eglino pure, come l’autor della Norma, dal bisogno di soddisfare alle più raffinate esigenze del pubblico, studiarono di imprimere alle loro composizioni un carattere più drammatico e maggior accento di passione al linguaggio musicale; e in ciò almeno fecero benissimo. La causa medesima, o per dir meglio il medesimo eccitamento agendo sopra di essi e sopra il più fortunato loro contemporaneo, produsse il medesimo effetto; colla sola diversità che Bellini, e per aver preceduti i suoi compagni d’arte nell’indovinare la nuova tendenza degli spiriti, e per averli anche superati nella forza del sentimento e del pensiero e nella soave delicatezza delle ispirazioni, ottenne di essere acclamato inventore di un novello genere di musica melodrammatica che, anche senza di lui, si sarebbe più o men presto impadronito delle scene italiane perché altamente invocato dalle nuove idee intorno al bello nella poesia c nelle arti già invalse nelle nostre classi colte, le quali, in fin de’ conti, sono le vere dittatrici del gusto della moltitudine.
(E) Pare a noi che ci sia molta esagerazione in queste parole del signor Fetis. Che alcuni maestri italiani, volendo pur poggiare all’elevatezza del genere drammatico per eccellenza, sebbene poveri di spontanee ispirazioni e di vero sentimento, siensi perduti addietro a uno stile stiracchiato, ed allo spontaneo svolgersi delle frasi melodiche che forma il vero bello della locuzione musicale, abbjano talora cercato di sostituire una notazione tutta a grida e a singulti, sostenuta dall’abuso dei fragori stromentali, nulla di più vero. Ma questi traviamenti parziali ebbero un favore troppo effimero; e già, se non ci inganniamo, il pubblico italiano pare siasi posto in sull’avviso di non voler più a lungo lasciarsi sedurre da un genere così falso e contrario alle buone tradizioni. Quanto ai cantanti, i più studiosi ed educati tra essi, non tarderanno ad avvertire la cattiva strada sulla quale hanno dovuto porsi, trascinati da una riprovevole tendenza. Alcuni indizii di opportuno ravvedimento furono già dati e dai compositori più colpevoli e dagli artisti imputabili di maggior complicità. Osiamo lusingarci che il pieno ritorno alle migliori norme del comporre e del canto si avvererà in un periodo di tempo molto più breve di quello assegnato dalle eccessive apprensioni del signor Fetis.
(F) Veggasi su questo proposito quanto abbiamo osservato nel nostro primo articolo al quale ora ci riportiamo ampiamente.
CRITICA MELODRAMMATICA.
I.
GLI UGONOTTI, grande Opera di Meyerbeer, data al Teatro della Pergola, in Firenze.
La sera del dì 26 dello scorso mese di dicembre 1841 si riaprì questo teatro al pubblico con la musica della grand’opera di Meyerbeer - Gli Ugonotti -, adattata però sopra un diverso libretto. Alla espettazione grandissima del pubblico l’esito non pienamente rispose. Di ciò non solo fu causa una esecuzione nel complesso non tutta felice, ma varie circostanze che ad onor del vero e a vantaggio dell’arte è ben rintracciare ed espor brevemente.
La musica degli Ugonotti è dettata, come ognun sa. secondo le norme di quella scuola che, a differenza della italiana, tendente sempre a concertizzare, analizza; è di quella musica che dirigesti, è vero, al cuore, ma vuol giugnervi principalmente per la via dell'intelletto; di quella musica infine che si propone, secondo il detto di uno spiritoso scrittore, piuttosto rappresentare idee, che svegliar sensazioni. Ond’è che tutto o quasi lutto vi è opera di calcolo, di raziocinio, anziché d’ispirazione. Né, dicendo così, si creda che ritener si debba non abbia l’autore sentite le passioni che doveva rappresentare; ei le ha sentite e le ha intese, ma per renderne la pittura si è servito di mezzi che attengono piuttosto alla mente che al cuore.
Se sia questa vera ragion musicale, o aberrazione di altissimi spiriti, non è luogo adesso a discorrere; vero e indubitato è però che, nel suo genere, e dipendentemente dalla scuola alla quale appartiene, la musica degli Ugonotti è squisito e sublime lavoro. - Ora, per servire al suo intendimento, l’autore di essa si è proposto tracciare nella medesima e svilupparvi, come idea madre, l’antagonismo della riforma di Lutero e del Cattolicismo, quale almeno lo intendevano i suoi fautori nei miserabili tempi ai quali rimonta l’azione: Così nel Roberto il Diavolo le incertezze delle anime che il paradiso e l’inferno si disputano avevano a lui somministrato subietto di altissima pittura musicale. 11 dramma degli Ugonotti gli offeriva sulla scena da un lato il brillante libertinaggio dei voluttuosi signori della Corte di Francia nei tempi di Caterina dei Medici, e dall’altro la fanatica austerità dei primi riformisti, ed egli prese a ritrarne il contrasto ponendo in opposizione una musica brillante e voluttuosamente festiva con una tutta spirante durezza ed austerità, la quale, perché assumesse più caratteristica sembianza, ha quasi tutta intessuta sui canti corali onde fino dal tempo della Riforma risuonano i tempj dei Protestanti.
Reso conto così dell’intendimento dell’autore, e inteso qual e il pregio principale della sua musica, poco vi vorrà a persuadersi che doveva essa rimanere paralizzata nel suo effetto, e sparire al tutto quel pregio, tostochè venisse distrutta la corrispondenza tra il concetto musicale e il concetto poetico. - Ed ecco come più specialmente ciò avvenne.
L’autore del dramma, scrivendo con un fine manifestamente ostile al cattolicismo, non contento dei colori già bastantemente tristi che gli somministrava quella pagina infame di moderna istoria in cui la strage della notte di S. Bartolomeo si descrive, ha voluto caricare anche maggiormente contro i cattolici le tinte del quadro. Ciò essendo, l’autorità non ha creduto dover permettere che questo dramma si eseguisse sui nostri teatri; ed è stata cosa giusta e ben fatta: troppi doverosi riguardi lo esigevano e primissimo il rispetto verso le dominanti religiose opinioni. — Ma ciò che non è stato né giusto né ben fatto si è che, volendo l’Impresa pur nonostante eseguire ad ogni costo la musica di Meyerbeer, abbia avuto ricorso ad un ripiego, sostituendo al dramma originale altro dramma, a cui è stato dato il titolo di Anglicani, nel quale il carattere religioso dal politico è supplantato; col che si è tolto alla musica il suo carattere distintivo, se ne è falsato lo scopo,, e si è esposto il compositore al giudizio di un pubblico tratto in inganno sullo stato della causa che doveva giudicare. L’autore del nuovo libretto, contento di conservare un’identità materiale nelle situazioni ne ha svisato per intero il carattere. A restar persuasi di questa verità, basta dare un’occhiata alle prime scene dell’atto primo. - Si apre la scena con un’orgia di giovani signori che ridono e bevono cantando le belle e Bacco, e costoro son Puritani, di quei Puritani (notisi) cui la rigidezza dei costumi e delie religiose opinioni non permetteva cantare che Salmi nelle loro ragunanze più liete. Si trova con loro un giovin signore realista della gaja e voluttuosa Corte di Carlo I Re d Inghilterra, e vien presentato come un rozzo e timido orsacchiotto. Sopraggiunge altro vecchio realista e cattolico e si pone a catechizzare i Puritani cantando il corale di Lutero. Da questo saggio può giudicarsi del restante, che dal più al meno è tutto dello stesso gusto, senza che chi scrive debba perdersi in particolari raccontando dei Puritani che passan la notte con donnicciuole sull’osteria, delle loro erotiche e militari canzoni, del loro danzare in istrada con le zingare, ecc., ecc.
Ma da banda queste morali considerazioni, per far ritorno a quelle strettamente musicali. - Non è straordinario, premesso tutto quello che è stato detto fin qui, che l’esito dello spettacolo non sia riuscito felicissimo: strano anzi sarebbe stato se riuscito lo fosse; tanto più che anche la esecuzione non poteva essere né fu, per molte ragioni, del tutto felice. Pur non ostante, anche indipendentemente dall’alto concetto che informa la musica di Meverbeer, tanti sono i pregi di dettaglio e, dirò così, materiali onde è ricca, che non poteva cadere del tutto; né del tutto è caduta, e oltreché soddisfa ogni sera di più chi del continuo la sente, molti dei principali pezzi fin dalla prima sera han riscosso applausi ed anche destato entusiasmo... Notisi intanto che ciò principalmente accadeva di quei pezzi dei quali meno era falsata la situazione [1].
Riassumendo adesso tutto il detto fin qui, una sola è la conclusione che naturalmente ci si offre allo spirito e vogliam dire: Che i capolavori dei sommi deggion rispettarsi. - Se gli Ugonotti non poteano eseguirsi convenientemente, era meglio non eseguirli del tutto, nè per mira di basso interesse doveva procurarsi ingiusta offesa alla fama dell’illustre maestro.
Lo scopo di chi scrive e del foglio nel quale queste linee appariscono è tale che non esige si scenda adesso ai particolari relativi all’esecuzione. Ciò non ostante giustizia vuole che si aggiunga un cenno almeno ad onore della Teresa Brambilla, di Castellan e di Porto, che nelle parti a loro respettivamente affidate, dal più al meno mostransi degni di lode. Lo stesso dicasi pure dell’orchestra, a cui altro non manca che essere alquanto più numerosa di stromenti a corda.
Firenze il 1 del 1842.
M.° Av. C.
- ↑ (1)Ed ecco altro fatto che ci consiglia ad insistere sulla
necessità che il concetto drammatico, sia nel tutto di uno
Spartito, sia nelle sue parti, non manchi di giustezza e
sia tale da potersi degnamente collegare alla musicale
invenzione.
L'E.