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GAZZETTA MUSICALE

N. 51

DOMENICA
18 Dicembre 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.

SOMMARIO.

I. Costumi Musicali. Una Serenata filarmonica a Londra. - II. Bibliografia musicale. Cenni su diverse opere. - III. Carteggio. Berlino, Parigi, Dresda. IV. Notizie Musicali Italiane. Milano, Genova, Firenze, Zara, Palermo. - Notizie Musicali estere. Atene, ecc. - V. Dizionario critico-umoristico, ecc.

COSTUMI MUSICALI

UNA SERATA FILARMONICA A LONDRA

S’egli è vero che non vi ha nulla più grottesco di una cattiva accademia filarmonica, conviene venire a Londra per ammirare l'ultimo grado di questa specie di ridicolo nella sua perfezione ideale. Con buona pace degli ammiratori del mio paese[1], la più antimusicale terra che il sole rischiari è la GranBretagna, e il centro di tutte le pretensioni, e di tutte le ricchezze britanniche, voglio dire Londra, è appunto il luogo de’ Tre Regni dove la cattiva musica tiene il suo seggio. Voi non traversatele contrade della metropoli che non siate assalito dagli urli degli Omeri ciechi, i quali cantano la ballata; da’ duetti discordanti dei suonatori di ghironda, ed altri mendicanti che ci girano attorno, e dalle tristi, miagolanti ed aspre cadenze dell’operaio. Dentro le case, l’inevitabile piano-forte vi attende e quivi, buon Dio, qual esecuzione! Avendo la melomania guadagnato da qualche anno tutte le suddivisioni della società inglese, il contagio di cui parlo si è fatto universale, intollerabile, spaventoso. Per poco che voi usiate nel mondo, gli inviti musicali vi cadono addosso come gragnuola. Nei trivii s’incontrano de’ terribili Orfei; ma nei saloni essi fanno stipa. Tutte le età, tutti i sessi, e perfino al sesso neutro importatoci dall’Italia, congiurano contro il vostro riposo. Oh! quanto si desidera allora il soggiorno della campagna, dove il ronzio delle api, il cinguettare degli uccelli nascosti fra le foglie vi offrono concerti campestri e senza fasto, ma non senza allettamento! Con qual gioja abbandonate la città dopo che tutto l’inverno le vostre povere orecchie furono scorticate dagli sforzi cromatici degli stromenti da corda e da fiato di ogni generazione!

Il sig. Rappelwherer, valente maestro di cappella tedesco, il quale dalla sua città nativa di Schweinfurth sul Meno, è venuto a provar ventura ne’ Tre-Regni, entrò un mattino da me. Io lo aveva raccomandato, in qualità di maestro di piano-forte a Mistriss Morrisson, moglie di un ricco borghese della città, e madre di due damigelle già da marito. Egli era tristo in viso, e con un tuono di voce che manifestava un pocolino di cattivo umore mi disse in suo gergo: "Madama Morrisson dà un concerto; vedete qui il suo biglietto". Io indovinai subito il mio malanno e ciò che affliggeva il buon Rappelwherer. "Il dado è tratto" gli diss’io, e senza pensare più in là, prendo il cappello, mi traggo dietro il pover'uomo, e m’incammino verso Lombard-Sreet, ove dimorava quella che mi faceva l’invito.

Il racconto de’ rammarichi personali alquanto comici di Rappelwherer accorciò la noja del cammino; egli è uno di quei buoni alemanni, che non hanno che una idea e non vivono che per essa. La sua mente mai non si è spinta oltre i limiti e le combinazioni della solfa: alla solfa è legata la sua esistenza; come quella della driade all’albero che la ricopre della sua scorza. Vittima com’egli era della incapacità musicale delle damigelle Morrisson, bello il sentirlo raccontare gli sforzi da lui adoperati a vincerla, e la lotta continua che s’era impegnata fra la perseveranza del maestro e l’inflessibilità delle allieve. Due volte s’era egli dimesso, ma la madre non aveva voluto di questa canzone: "Vedete, il mio caro signor Rappelwherer, gli diceva la nostra borghese, in quanto a me io trovo che la nostra Emilia cammina benissimo. Ella è già più forte di me che ho preso lezione sei anni. La minore, non è tanto avanti, egli è vero; ma la si farà; non conviene toglierla di coraggio. Le mie figliuole, vedete, non hanno bisogno, grazie al cielo, di tirare partito delle loro doti musicali; per altra parte egli è bello per una damigella il toccare un po’ di piano; ma che serve quando siam maritate! Abbiamo ben altro che fare!" Ragionamenti questi positivi e volgari, che il maestro di cappella ripeteva con accento germanico, e con movimento di collera.

Giugnemmo finalmente da Mistriss Morrisson. Tutta la batteria musicale, leggii, bassi, contrabbassi, metronomi, casse di violoncelli, ecc., ingombravano gli appartamenti. Già i dilettanti avevano posto mano a’ loro stromenti, e gli uditori parlavano sottovoce. L’uno dà di pece all’archetto ribelle, l’altro umetta il suo flauto; un terzo con visacci da far paura tenta di fermare nel manico del contrabbasso il gran bischero, il quale resiste ad ogni suo sforzo, e gli gira con violenza fra le dita impotenti. Le corde che si spezzano, gli archetti che stridono, i leggii che scorrono cigolando sulle loro girelle, fanno preludio alle delizie della serata. Finalmente si dà l'alamirè, e veggo Rappelwerer [sic] slanciarsi e giugnere in un batter d’occhio al pianoforte. "Eh, non è venuto l’accordatore?" No, risponde tranquillamente Mistriss Morrisson; non sono due mesi che il piano è stato rimesso a nuovo, e Fanny che l’ha provato jeri, lo ha trovato d’accordo. Rappelwherer non era uomo che cedesse di leggieri, quando credeva di aver ragione, e Mistriss Morrisson non era donna da permettere che si rivocasse in dubbio l’istinto musicale di sua figlia minore. Onde, a terminare il contrasto, fu chiamato un violino, il quale dichiarò, che senza una ripassatina, lo stromento non poteva servire. Il buon maestro si mette a fare l’uffizio; due corde vanno a male, e al rumore acuto ch’esse fanno strappandosi, i nervi s’increspano alla enorme mistriss Morrisson, l’aspetto della quale prende l’espressione del ticchio doloroso. S'accordano di nuovo. Miss Emilia Morrisson, siede al piano in qualità di presidente; un ricco tintore di Threadneedle-street si rafferma fra le gambe incrocicchiate il violoncello; il suonatore di flauto allungando e tormentando il suo stromento, che cresce, cerca indarno di metterlo al corista del piano; il violino aggiusta tre volte il suo cantino che si rompe e gli salta agli occhi. Rappelwherer, in mentre che ciascheduno soffia e raschia a chi può meglio, prodiga invano i suoi sudori e i suoi consigli, che ognuno rispinge con orgoglio. D’accordo in venti tuoni diversi, la banda armonica si mette sotto gli ordini del maestro, i tre colpi danno il segno del combattimento, e il largo della sinfonia della Lodoiska (antica novità) mi viene a percuotere le orecchie.

Povero Kreutzer! Come bene furono comprese le tue intenzioni! Invano la parola largo posta a lettere majuscole in capo a tutte le parti, esprimeva la gravità del primo tempo della tua ouverture. Miss Emilia, la cui indole petulante male s’accorda con questa monotona lentezza, muta le tue semiminime in semicrome e dà alle tue frasi solenni la vivace ilarità dell'allegro. E tuttavia non sarebbe stato che mezzo male se i sinfonisti, avvisati di questa variante, avessero potuto conformavisi. Ma in quel mentre che la giovane pianista volava "Con l’ali aperte e ferme," il contrabbasso camminava a passi di testuggine,

il flauto conservava un tempo mo-

  1. (1) L'articolo è tratto da un giornale inglese.
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