< Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1842.djvu
Questa pagina è stata trascritta ma deve essere formattata o controllata.

- 21 -

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gazzetta Musicale di Milano, 1842.djvu{{padleft:27|3|0]]

GAZZETTA MUSICALE

N. 6

DOMENICA
9 Febbrajo 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


DISCUSSIONI MUSICALI.

Seconda lettera del signor FÉTIS, intorno allo stato presente delle ARTI MUSICALI IN ITALIA (1[1])

La riuscita della nuova maniera di Bellini trascinò sulla medesima sua strada tutti i compositori drammatici, nel modo stesso che i successi di Rossini aveano resi suoi imitatori tutti i musici italiani del suo tempo; se non che si noti questa differenza; gli imitatori dell’autore dell'Otello e della Semiramide non fecero che indebolire la maniera rossiniana, laddove quelli di Bellini esagerarono la sua innalzando progressivamente il diapason degli accenti declamatorii, ristringendo ognor più il circolo delle forme melodiche, e ripetendo fino alla sazietà le medesime successioni armoniche e le stesse modulazioni per ultimo raddoppiando, triplicando, quintuplicando il romore Della stromentazione (G[2]).

Bellini aveva brillato per la fusione di certe forme della musica francese con quelle più proprie dello stile italiano (H), Mercadante, gran musicante, uomo dotto e riflessivo, eccitato dal buon esito di questa trasformazione, comprese come non rimanesse più aperta altra via di innovazione tranne la mistione dello stile tedesco colle condizioni del dramma musicale italiano, e sotto l'impero di questa idea scrisse i Normanni a Parigi, primo suo saggio di simil genere, i Briganti, il Bravo, il Giuramento, le Due illustri rivali e finalmente la Vestale (I).

Come suole accadere di ogni novità che sembri giovata da qualche favore, Mercadante trascina al presente dietro di sé la folla degli imitatori. L’uniformità della maniera musicale, giunse ormai a tal segno, che durante la mia recente dimora in Italia, parevami sempre d’udire la medesima opera, la medesima aria, il medesimo duetto, il finale medesimo. Ogni composizione sembra lavorata colla medesima pasta, e non v’è mai nulla che colpisca lo spirito con qualche sembianza di creazione e di specialità, nelle effimere musiche di che ad ogni tratto si empiscono le orecchie degli spettatori: il fragore della stromentazione è recato all’eccesso, e la banda militare, sia pur qual si vuole il soggetto del dramma, non abbandona quasi mai il palco scenico. Questa innovazione di Rossini ben collocata nella Donna del Lago, diventa spesso molto ridicola a cagione dell’abbigliamento col quale compaiono i suonatori: io non potevo ristar dal ridere al vedere nella Vestale de’ Romani i quali suonavano il clarinetto e l’officleide (L)! Dirò in un’altra

(H) Dall’attento esame dello stile delle Opere di Bellini si rileva forse ch’egli studiò con molto amore le partizioni di Gluck, massime per quanto riguarda l’espressione tragica e l’accentazione passionata nei recitativi; ma per quel che è della semplicità c freschezza dei canti è più agevole scorgere in lui l’allievo de’ grandi modelli italiani, Jomelli, Paisiéllo, Cimarosa, Zingarelli, e non già de’ compositori francesi. In parte però quanto afferma i) sig. Fétis può aver sembianza di vero ove si noti che in un certo qual fraseggiare a spizzico e in alcuni sviluppi melodici tendenti al fare declamato egli ritrae alcun po’ della maniera di Gretry; ma questo si osserva nelle sole prime Opere di Bellini, c di lui nel totale non può dirsi per nulla che abbia brillato per la fusione di certe forme della musica francese. ecc. (I) Ove si eccettui lo studio che il Merendante può aver fatto de’ grandi modelli tedeschi per quanto riguarda le più squisite combinazioni armoniche e la maggior varietà degli effetti e del colorito stromenlale, noi non sapremmo in che altro egli siasi accostato alla scuola tedesca, nelle ultime opere da lui composte. Forse perchè non dotato di ricchissima fantasia e di passione, il Mercadante lascia troppo scorgere lo sforzo della mente ove dovrebbe sgorgare la vena dell’ispirazione, e troppo palese addimostra l’industria ch’ei pone ad economizzare i pochi pensieri melodici in guisa da farli bastare a lunghe e qui c qua stentate composizioni. Ma se in queste può notarsi povertà di idee nuove e piccanti, non è però a dire, a parer nostro, che esse manchino di impronta italiana. Adunque, forse in alcune cose di mera forma il Mercadante rivelerà di aver molto meditato i capolavori tedeschi ( e di ciò ne pare sia a lodarsi assai ) ma nella sostanza intima, nell’indole cioè delle modulazioni delle quali propriamente e non d’altro si costituisce il canto, ossia la parte vitale di ogni musica, egli ha fisonomia al tutto italiana, nè può dirsi a buona ragione che. abbia aspirato alla mistione dello stile tedesco colle condizioni del nostro melodramma. Se non che, questo è argomento troppo serio e complicato perchè possa svolgersi debitamente in una semplice nota. Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta c all’Antologia classica musicale è di Aust. lire 24 anticipate. Pel semestre c pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica c presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, cc. vorranno essere mandati franchi di porto. (L) Ammettiamo benissimo che l’introduzione della banda militare sul palco scenico sia da usarsi con grande riserbo e solo nelle scene d’apparato che si svolgono a ciclo aperto e al cospetto del popolò, come a dire marce trionfali o funebri, incoronazioni, feste pubbliche, cerimonie solenni cc. Ammettiamo del pari che sia il più delle volte assurdo l’introdurle o nelle sale o nei tempii, od anche ne’ gabinetti, come praticò forse qualche compositore poco fìlosofo; ma volere poi trovar ridicolo perchè non conforme alla verosimiglianza l’abbigliamento de’ suonatori della banda travestili da greci e da romani e armati di clarino e di oflìcleide, è recare la sottigliezza a un punto che esce da limiti della giusta critica. Procedendo con questa scrupolosa esigenza sarebbe ben anco a domandare se non è del pari ridicolo che i personaggi dell’azione. supposta la scena a Roma o ad Atene, cantino in versi rimati italiani, invece di far conversazione in latino e in greco! ec. Ma il sig. Fétis, stuzzicato forse troppo dal prurito di censurare i maestri italiani d’oggidì si è lasciato scappare a loro danno quella osservazione burlesca, la quale in fatto poi, ove potesse avere fondamento, sarebbe a rivolgere anzi tutto al maestro de’ maestri, a Rossini, il quale non nella sola Donna del Lago, come dice il sig. Fétis, introdusse la banda militare, ma ed anche in altra Opera di soggetto un tantin più antico, nella Semiramide, ove gli Assirii col fagotto c col tamburo di mazza dovrebbero fare, secondo l’illustre professore di Bruxelles, la più comica figura! Eppure nessuno sognò mai di accusare di strano c goffo l’uso della banda in quell’Opera, perchè da chi ha buon senso si sa che sarebbe sovverchia pretesa il voler limitare i mezzi d’effetto delle arti teatrali a ciò solo che può stare nei più angusti confini dell’imitazione del vero. L’osservazione del signor Fétis poteva molto più a buon dritto rivolgersi, non alla plausibilità dell’uso in genere della banda militare nelle Opere moderne italiane, ma sì al modo più o meno savio e bene appropriato col quale ella si adopera. A nostro credere, ove fosse giustizia il censurare in massima generale alcuni maestri italiani del tempo nostro, perchè non si accontentano della sola orchestra per dar vigore ad alcuni passi d’istromentazione, ma, a raddoppio d’effetto, usano servirsi anche della banda, la critica medesima sarebbe a fare ai migliori compositori francesi e tedeschi, le cui più acclamate partizioni è raro non si eseguiscano col doppio pel meno di parti d’orchestra di quelle che si usano ne’ più vasti teatri d’Italia. E in tal caso che cosa si dovrebbe dire de’ così chiamati Vestir alse dei Concerts Monstres che in Germania e a Parigi si ripetono ad ogni poco con grande soddisfazione de’ più severi dotti musicali? Torniamo a dire: la critica non deve occuparsi del numero maggiore o minore de’ suonatori, ma bensì del maggior o minor sapere, del maggiore o minor criterio e cognizione di effetto col quale l’orchestra, sia pure o doppia, o tripla, o quadrupla, è adoperata. E a cagione d’esempio, d’una partizione male scritta si potrà dire che è biasimevole per eccesso di fragore stromentale cd abuso di parti d’orchestra anche se queste non oltrepassino tutt’al più la quarantina; mentre potrebbe essere ingiusto dare la stessa condanna ad un’altra partizione che sia stesa con dottrina e genio foss’anco per quattrocento parti d’orchestra! - Vorremmo convalidare

quanto ora affermiamo cogli esempii relativi i quali

  1. (1) Vedi il N. 2 e 4 di questa Gazzetta Musicale.
  2. (G) Ne pare non meritata l’accusa che il sig. Fétis rivolge ai compositori italiani venuti dopo Bellini, per ciò almeno che riguarda il soverchio alzamento del diapason degli accenti declamatorii. Il più riprovevole esempio di questo genere falso di notazione melodica è osservato, a parer nostro, nella Straniera; e dopo quest’Opera, il medesimo Bellini ritrasse il piede dal cattivo sentiero sul quale erasi posto, e nella Sonnambula e nella Norma richiamò ad onore le forme melodiche più spontanee e soavi, più misurate, maschie, eleganti e a un tempo corrette che mai desiderar potessero a modello i severi custodi del purissimo musicale italiano. Che se poi, dopo di lui taluni maestri traviarono, di nuovo appigliandosi allo sfrenato genere declamatorio, fu ciò dovuto, anziché al mal esempio di Bellini, alla falsa tendenza di qualche poeta melodrammatico imprudentemente gittatosi al genere tragico esagerato, trascinatovi dalla voga delle situazioni violente e dei punti scenici a strane sorprese, venuta di Francia coi drammi di Hugo e di Dumas. È poi d’uopo aggiugnere che il fanatismo durato qualche tempo in Italia per una illustre cantante salita a gran fama nella parte di Straniera, da lei veramente abusata in quanto vi ha in essa di biasimevole, contribuì in buon dato a mettere di moda lo stile declamatorio esagerato. Ma la colpa di questa cattiva influenza non vuolsi attribuire che per la menoma parte al maestro Siciliano. Per quanto riguarda ciò che il sig. Fétis chiama il successivo ristringimento delle forme melodiche, davvero non sappiamo vederlo, almeno nelle Opere più notevoli che si scrissero dopo Bellini. Oseremmo anzi affermare che ne’ compositori posteriori all’autor della Norma, e specialmente in Mercadante, che tanti spartiti produsse in questi ultimi tempi, è palese la tendenza a dare ampiezza forse sovverchia ai canti, a svolgere le melodiche frasi con un fare largo quasi all’ostentazione. Ne sarebbe facile ricorrere agli esempii, ma ciò ne sembra superfluo. Tutte le Opere di Donizetti, quelle dei due Ricci, il Templario di Nicolai, ed altre dette partizioni che ebbero maggior voga dopo Bellini, peccano di tutt’altri difetti che non sieno la ristrettezza nelle forme melodiche. Può essere in piccola parte più giusto l’altro lamento che muove il signor Fétis contro la musica drammatica italiana nel proposito dell’istromentazione, se non che anche qui ne pare ch’egli esageri grandemente il male. Il rimprovero può bensì venir fatto per eccezione a qualche maestro, ma dire che in generale la tendenza dei compositori italiani attuali sia il sovverchio abuso dei fragori stromentali ne sembra sentenza errata e ingiusta. Valga a prova di quanto affermiamo l’osservare che la maggior parte delle partizioni ai nostri dì più applaudite in Italia non hanno banda militare, e talune difettano forse di robusta stromentazione anziché peccare di raddoppiati, triplicali, quadruplicati effetti d’orchestra. Ne permetta il signor Fétis di porgli sottocchio la Sonnambula, la Beatrice Tenda, l'Elisir d’amore, la Lucia di Lammermoor, i Puritani, le Opere semiserie dei due Ricci, ecc.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.