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GAZZETTA MUSICALE | ||
N. 14 |
DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
RASSEGNA DI OPERE
TEORETICHE.
IL VECCHIO ED IL MODERNO METODO DI CANTO
Preliminari ad un Esame Critico
sul Metodo di Canto di Garcia[1].
Ove per caso a taluno cadesse in mente di dare un’occhiata ai cataloghi ed a’ supplementi dei cataloghi di musica che si stampano sì di frequente non solo da’ nostri editori ma ed anco all'estero, per poco ei non sarebbe indotto a credere, non ad altro che allo studio teoretico, e diremmo matematico musicale, siasi da qualche anno dedicato tutto il mondo armonico, sì l’artistico che il dilettante. E difatti quasi giornalmente ci viene annunziato o un nuovo trattato di contrappunto, o una nuova scuola di canto, o nuovi solfeggi, o nuovi vocalizzi, o un profluvio di metodi per ogni istrumento, e troviamo persino i metodi dei metodi. Ma, lasciando a parte gli scherzi, è fuor di dubbio che molte e molte di queste opere didattiche sono fondate sulle più giuste teoriche, e riescono di sommo giovamento all’arte; tantochè non si ponno negare gl'immensi e quasi prodigiosi avanzamenti che fa da poco più che vent’anni il meccanismo d’esecuzione istrumentale. I più rigidi e severi barbassori che non san vedere che continui deperimenti nell'arte s'accordano con noi sulla verità di questo fatto incontrastabile. Dove all'incontro riscontrasi una assoluta e curiosissima discrepanza di opinioni, egli è sul progresso dell'arte del canto. Oh qui i nostri antichi maestroni, i nostri vecchi cantanti si mettono davvero le mani ne' capelli, e compiangono altamente i nostri destini e più ancora quelli che ci sono minacciati dall’attuale decadimento, o anzi peggio, dalla presente decisa rovina del canto, com'essi degnatisi chiamarla. Se da altro lato osserviamo invece il nostro giovane moderno dilettantismo, lo vediamo ridersi di questi omei, e sostenere colle più assolute e valide ragioni che l’epoca del vero canto è l'attuale, e che tutto ciò che facevasi due o tre lustri per lo addietro, tutto era barocco e ridicolo. Quanto di vero e di esagerato, epperò di falso siavi in queste due sì disparate opinioni è ciò che noi ci proveremo a dimostrare. Ed è nostra intenzione, per quanto ci sarà possibile, di osservare e particolarizzare in primo luogo quali sieno le differenze che distinguono il canto moderno dal così detto antico (pel qual antico non intendasi in genere che quello d’una quindicina o ventina d anni indietro): poscia, di esaminare le buone e cattive qualità dell’uno e dell’altro, e per ultimo di indagare in quale preciso stato di progresso o decadenza trovisi oggidì quest’arte, e di stabilire cosa le manchi e di quali studj abbisogni per toccare quel perfezionamento cui deve mirare ogni sforzo dell’artista.
Parrà strano a taluno de’ nostri lettori che per accingerci ad una semplice critica bibliografica, noi vogliamo farci lecita questa digressione; ma per conto nostro riteniamo che per condurci a chiarire lo scopo dell’opera del sig. Garcia, sieno necessarissime queste nostre osservazioni, le quali qui ne piace premettere, a sviluppo anche della nostra qualsiasi opinione.
Non è possibile trovarsi alcun poco in un crocchio di dilettanti musicali, senza che vi accada di udir parlare di canto moderno, e di canto antico, e del tale cantante che ha un bel metodo, e del tal altro che ha un metodo vecchio da non si poter più soffrire, ecc. ecc., come se si trattasse di due foggie di cantare al tutto disparate l'una dall’altra. A nostro modo di vedere, questa differenza di metodi, che sembra sì notabile, tale non appare che per via di alcuni speciali accessorj del canto, e non già per la sua generica essenza. L’essenza del vero canto, il buon cantare insomma, è stato e sarà sempre uno; e il sommo artista di venti, trenta e cinquant'anni fa sarebbe il sommo artista anche del giorno d’oggi (ben inteso, astrazion fatta dal decadimento dei mezzi vocali), come le regole del vero bello son sempre in massima le stesse in ogni arte, per quanto la moda possa mutare di gusto. La moda in tempi di civiltà, per quanto strana pur ella si addimostri, non può esercitare una influenza, nè difatto la esercita, se non se nella varietà, per lo appunto, degli accessorj: ma non mai, lo ripetiamo, intaccherà l’essenza del vero bello, nè a questo sarà insensibile.
Or dunque per quanto ci è possibile, accingiamoci al difficile assunto di venir dettagliando queste differenze, in apparenza sì notevoli, che voglionsi far esistere fra gli esecutori cantanti della scuola del 1820 e quelli del 1840. E per tentare di rendere il più chiaro che ci è dato questo confronto, faremo a guisa de’ medici, operando anatomicamente sul vivo. Spieghiamoci meglio. Non ci pare cosa assurda il porre a tipo e ad esempio de’ due generi suindicati, due artisti luminari, da tutti i pubblici giudicati come grandi, e sui quali appoggeremo le nostre osservazioni. Sieno essi Donzelli e Moriani. Salvo alcune eccezioni che noteremo in appresso, vogliam credere che i nostri amatori non saranno di opinione dalla nostra diversa; riconosceranno cioè in Donzelli il tipo modello dell’artista cantante della scuola di vent'anni fa, in Moriani il tipo modello del cantore moderno: dappoiché tutto il mondo attribuisce a Donzelli il così detto antico metodo, e tutto il mondo accorda a Moriani il moderno. Nondimeno ambi questi artisti contano tante ovazioni, tanti trionfi, e, quel che forse più importa, tante migliaja di franchi, quante son le volte che al pubblico si espongono. Nè vale nemmeno il dire che metà d’una platea ammiri 1'uno, e metà l’altro, che anzi noi stessi abbiamo applauudito [sic] unanimi così alle patetiche note di Edgardo nella Lucia, come ultimamente alle polenti minaccie di Alamiro nel Belisario. Da ciò vogliam rilevare che se questi due generi di canto fossero due davvero e disparati, non potrebbesi porre in dubbio che almeno uno non fosse falso, nè sarebbe lecito supporre che l’ammiratore del primo fosse anche sostenitore del secondo. Egli è dunque da ciò sufficientemente provato che entrambi gli artisti nominati denno essere forniti di ciò che è la vera e sostanziale essenza del bel canto, e che la differenza che notasi in essi e che pure si rileva distinta, vuolsi attribuire a semplici accessorj, sui quali appunto faremo cadere le nostre indagini, persuasi di giudicare colla maggior possibile imparzialità.
Premesso che il vero bello dell'arte del canto consiste nel pieno e gradito sviluppo de’ mezzi vocali, nella perfetta interpretazione delle melodie, nello squisito sentimento drammatico, vale a dire nella giustezza della declamazione, nel retto accentare, ecc. ecc., pregj che non si possono contendere ad ambi i succitati cantanti, procediamo all’esame di questi che noi chiameremo accessorj del canto antico.
E primieramente ci si presenta negli artisti de’ scorsi anni un impiego continuo di quella modificazione di voce, che, come vedrem più lardi, il signor Garcia appella timbro chiuso (timbre sombre, cioè la voix sombreé de’ francesi), e che l’Italia, ne sembra, non ha mai designata d’un nome particolare. Ell'è infatti quella modificazione, o carattere, o timbro vocale, che noi pure vorremo così chiamarlo, il quale succede, allorché il cantante vuol dare volume alla sua voce, e questo ottiene rialzando
- ↑ (1) Milano, coi tipi di G. Ricordi.