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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gazzetta Musicale di Milano, 1842.djvu{{padleft:79|3|0]]Ma questo punto non si verificò per cagione che gli imitatori (come è loro destino) si mostrano tanto freddi e disanguati, tanto puerili, e praticanti che la poesia melodrammatica scadde dallo splendore in che era salita, e la musica che pur seguiva le sue traccie di progresso non fu più conveniente a quelle forme poetiche; ed ecco come non senza cagione si giudicò che a Metastasio seguisse un’epoca di decadenza della musica e poesia drammatica. Lamentavano i maestri di non aver modo di svegliarsi a nobili inspirazioni, e s’attenevano ad un fare più di pratico magistero che di drammatica espressione. Si minacciava un divorzio fra la musica e la poesia, e la critica andava pur celebrando e proponendo ad imitare la maniera de’ tempi felici di Leo e di Pergolesi. Ecco il giudizio che dà della musica de’ suoi tempi il padre maestro Martini [1]: «La nostra musica ha per iscopo principale ballettare e pascere il senso e trarre in ammirazione gli ascoltanti mercè le finezze dell'arte praticate in tutte le sue parti; che se qualche rara volta giunge a produrre buono effetto, per essere caso raro, ci fa conoscere che a ella intrinsecamente e di sua natura non possiede questa attività». Che possiamo noi da queste parole inferire se non che la musica era in progresso, e che per non trovare esca proporzionata e conveniente nella poesia, non poteva che valersi de’ suoi mezzi meccanici e scolastici, e i drammatici lasciare a parte? Quali altri effetti potevano aspettarsi da questa necessità de’ tempi se non quelli lamentati dal padre Martini? Ma a questa sproporzionata condizione della musica in progresso colla poesia in decadenza fu in parte posto conveniente rimedio per opera del famoso Gluck, il quale sopravisse lungamente all’epoca di Metastasio ed esercitatosi in Italia nella riprovata maniera, presentiva pure come la musica aiutata che fosse da una poesia più confacente e migliore, poteva portare al melodramma una salutare riforma. Però egli s’accinse a tentare questa riforma con tutta la forza del suo ingegno e de’ suoi mezzi artistici che in lui furono al sommo grado e giunse ad ottenerla. Gluck fu l’autore di questa riforma dell’Opere in musica; ma l’ottenne egli senza l’aiuto di una poesia migliore di quella de’ freddi imitatori dell’epoca di Metastasio? No, per certo: Gluck die’ solamente saggio di una nuova musica filosofica e drammatica, quando il poeta Calzabigi per lui scrivendo l'Orfeo, gli prestò un esemplare di poesia conveniente a una tal musica [2]. Ecco come il melodramma potè solo migliorarsi quando la poesia si equiparò alla musica, e secondò i suoi progressi rivestendosi di quelle forme speciali che richiede un più ragionevole e filosofico insieme delle due arti congiunte.
Da quest’epoca venendo verso noi possiamo considerare il melodramma una sola composizione poetico-musicale; perchè fin d'allora furono assegnati alla poesia certe formle melodrammatiche immutabili, ed alla musica certi concetti e frasi subordinate invariabilmente al senso poetico. Il modo poi onde l’arte sia stata bene o male trattata da’ poeti e da’ compositori deve essere la misura di che la critica si servirà per assegnar loro il proporzionai grado di celebrità meritata.
Quanto si è detto fin qui ci apre la via di procedere al racconto di alcune diverse maniere musicali state in onore in Italia nella seconda metà del passato secolo, delle quali ci proponiamo trattare ora di proposito, seguendo quella brevità che per noi si potrà maggiore, ed attenendoci ad una certa sobrietà di opinioni artistiche, le quali saranno anni tanto più indispensabili quanto più nelle nostre narrazioni procedendo, ci verremo accostando a’ tempi moderni.
C. M-i
POLEMICA.
Alcuni giornali parigini, ed anche un accreditato foglio italiano, nel dare giudizio della Saffo di Pacini hanno biasimata la tragedia lirica del sig. Camarano come lavoro meschino e poco men che indegno de’ riguardi della critica. Però, come troppo spesso avviene in simili casi, que’ signori critici, si tennero contenti all’affermare come se ognuno dovesse umilmente piegar il capo alle loro assertive, nè ci fosse punto bisogno di prove.
Noi per conto nostro crediamo poter dire che, ben ponderate le condizioni liriche e drammatiche richieste in un poema per musica e tenuto conto delle difficoltà somme da superarsi da chi scrive a servizio de’ maestri della giornata, la Saffo del Camarano è libretto degno di encomii anziché di biasimo. Nella estrema povertà di poeti melodrammatici, al presente a sì giusta ragione lamentata in Italia, è dovere di una critica imparziale che meglio ami picchiar giusto che picchiar forte, l’assumere a viso aperto la difesa di quei pochi i quali per forza di ingegno e di volontà sono atti a riparare in qualche modo alla vergognosa mancanza.
A sostegno di quanto affermiamo sul conto della Saffo del Camarano ci offriamo pronti al bisogno a presentare l’analisi di questo melodramma, dalla quale, o ci inganniamo, o verrà dimostrato essere lavoro che in gran parte soddisfa alle esigenze dell’arte e palesa nel giovine poeta un’immaginativa e un sentire non comune.
Gridino pure i Giornali a loro posta contro tante informi rapsodie teatrali prive non solo di senso drammatico ma ed anche di senso comune, e noi faremo eco ai loro giusti reclami; ma non confondano ad un fascio le pessime colle buone produzioni se pur non vogliono vedere ritrarsi dispettosi e sconfortali dalla difficile via i pochi non meritevoli di sì ingiusto trattamento. Tra questi ultimi non esitiamo ad affermare che vuol essere annoverato il valente autore del Belisario e della Saffo. E questo siamo disposti a sostenere contro chi vorrà affermare il contrario.
CARTEGGIO.
Il nostro articolato di polemica, inserito nel passato foglio e riguardante la Riforma Musicale del maestro Gambale, ha prodotto il frutto che appena osavamo sperare. La lettera seguente inviataci da un certo sig. Alighieri da inserire in questa nostra Gazzetta ci fa certi che finalmente il detto sig. Gambale si propone di scendere in campo niente meno che con una serie di articoli i quali proveranno anche ai più renitenti la validità e l'eccellenza del suo nuovo metodo di notazione musicale. Siamo veramente ansiosi di dovere anche noi al più presto applaudire ai vanti dell’egregio riformatore con quella pienezza di convincimento che per ora, dobbiam confessarlo, non sappiamo trovar modo a dividere colle celebrità musicali alemanne cui accenna il. signor Alighieri.- Epperò facciamo voti di vero cuore perchè il sig. Gambale attenga nei debiti modi la promessa, che ci vien data dal suo nuovo amico, e una volta, per tutte, confonda le passate, presenti e future obbiezioni fitte e da farsi alla sua Riforma. Solo lo avvertiamo di una cosa, ed è che in simili qui sifoni le parole valgono tufi.’ al più la sola metà delle prove di fatto. - Procuri di confondere con queste i suoi oppositori e la sua vittoria sarà certa e noi non saremo degli ultimi a. dargli, la meritata palma. Ora ecco la lettera del signor Alighieri.
Al signor Gio. Ricordi Editore
DELLA GAZZETTA MUSICALE DI MILANO
Signore
Nel N.15 della Gazzetta Musicale, di cui ella si segna Editore-proprietario, leggesi un articolo intitolato: Polemica Musicale, tendente a far supporre che i fatti relativi alla Riforma Musicale del sig. maestro Gambale sono insussistenti, e che questi non ancora seppe risolvere le obbiezioni, che gli vennero mosse contro in alcuni giornali dell’Italia. Siccome la questione di questa Riforma è di generale interesse per l’importanza sempre maggiore che va acquistando la musica tra i popoli inciviliti, così mi fo dovere di avvertirla che usciranno man mano nel giornale milanese La Fama del 1842 degli articoli col proposito di dilucidare le seguenti asserzioni del mentovato articolo;
- ° Se il sig. G. B. Menini essendo semplicemente un letterato, e quindi non atto a giudicare da sè medesimo del reale valore della Riforma Gambale, sia stato o no una penna passiva nel redigere le ispirazioni di persona troppo parziale alla Riforma stessa;
- ° Se non siasi risposto dal sig. maestro Gambale agli elaborati articoli del sig. Geremia Vitali, collaboratore della Gazzetta Musicale,e alle dottissime osservazioni dei signori maestri Luigi Rossi e Picchi;
- ° Se dal sig. maestro Gambale non furono fatti de’ felici sperimenti pratici in appoggio del suo nuovo sistema di semplificata notazione;
- ° Se il non avere il sig. Gambale presto o tardi saputo somministrare i mezzi di difendere la sua causa un po’ meglio che non sembra possibile al presente, sia il vero motivo per cui la Gazzetta Musicale non abbia finora parlato della Riforma, e si debba questo silenzio interpretare un delicato riguardo a persona che tanto si sforza di rendersi benemerito alla musica;
- ° Se non bastino infine le favorevoli attestazioni di alcune isolate celebrità alemanne a potere esentare il maestro Gambale dal combattere i suoi oppositori. Spero che Ella, signor Ricordi, vorrà compiacersi di rendere pubblica nella sua stessa Gazzetta musicale questa lettera nel prossimo N. 10; in mancanza di che Ella mi costringerà di farla comparire immediatamente nella Fama o in altro giornale coll’informativa della sua ripulsa.
Gradisca i sentimenti della mia considerazione.
Milano 13 Aprile 1842.
Divotiss. servo
Giovanni Alighieri.
CENNI SUI DIVERSI GIUDIZII
dati dai GIORNALI MILANESI
intorno allo STABAT di ROSSINI.
Le splendide e straordinarie esecuzioni di quest’ultimo grande lavoro di Rossini ebbero fine alla Scala colla sera di Venerdì scorso.
Vuolsi confessare che solo al possente nome dell’immortale Pesarese poteva essere conceduto trasformare i teatri e i lieti crocchii musicali in luoghi dedicati al culto più severo dell’arte.
Già da tre mesi quasi tutta l’Europa forma sua delizia di questo Stabat; il che pare a noi equivaler possa al maggiore tra i vanti a cui può pretendere la imponente sacra composizione rossiniana.
Scriveva ultimamente uno de’ nostri giornali che, ove si avesse a ripetere ciò che fu stampato fra noi in questi ultimi mesi intorno allo Stabat di Rossini appena basterebbe un grosso volume in foglio. Non tenendo conto della compiacenza che potrà avere di ciò il maestro dei maestri, vogliamo però osservare che in genere la critica della stampa periodica fu piuttosto rigorosa, anzi mordace, e nel tutt’insieme non onorò l’ultima composizione del grande italiano nel modo che avrebbero voluto gli ammiratori suoi; e, cosa singolare! se la critica stessa fu severa oltremonte, lo fu molto più tra noi. Intorno alla (mal cosa lasciamo argomentare a loro modo i nostri lettori; e quanto a noi ci limitiamo a compendiare sommariamente le opinioni esternate da’ giornali milanesi intorno allo Stabat, non senza il proposito di non