Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
- 72 - |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gazzetta Musicale di Milano, 1842.djvu{{padleft:82|3|0]]tutto questo egli ignora, che cosa fa dunque e perchè parla, e sentenzia in musica? E che vuol egli mai dire, quando discorre dell'esterna forma religiosa, e dell’intrinseco spirito di religione? Nelle Belle Arti la forma, e l'espressione che per mezzo della forma si mostra all’osservatore, non è dessa che palesa l'intrinseco spirito della composizione? Questo intrinseco spirito, o sentimento da che mai sarà reso materiale ai sensi, se non dalla forma? - Il dolore della Niobe per i perduti figli, del Laocoonte, del Gladiatore moriente, non è forse espresso dalla forma, cioè dalla espressione dei lineamenti del volto nella disperata madre; dalla contrazion dei muscoli di un padre che vorrebbe sottrar sè ed i suoi amati pargoli dalla stretta dei serpi; dall’abbandono nobile delie membra del ferito guerriero presso a spirar l’anima, ma che pur vorrebbe per un resto dell’antico valore reggersi ancora sul braccio? Queste forme non sono dunque l’imitazione della natura, l’espressione dell’intimo sentimento che vi domina? Se dunque le forme sono religiose, come saranno queste espressione di sentimento non religioso? Non io mel so, nè manco saprà dirmelo il signor Casamorata (D)[1]. Nella musica poi assai meno che nelle altre Arti Belle, avvi rapporto fra le forme e l’intrinsico spirito delle composizioni: giacché, a parer mio, la musica non è arte imitativa a quel punto che lo è la pittura, e la scultura (E)[2] Difatto puossi col messo di artifizii musicali imitare lo scroscio delle saette, il sibilar de' venti, lo scalpitio dei cavalli, il placido ondular del flutto marino; ma non puossi con pari facilità, ed espressione imitare il dolore di chi langue e muore, gli accenti passionati di un disperato amante, il corruccio, il furore di un tradito consorte e tanti altri affètti che dipingendosi nei tratti del volto, e nella espressione dell'umana fìsonomia. ponnno essere agevolmente imitati, ricopiati dal pennello, o dallo scalpello ma non dalle combinazioni musicali. Il principio della musica stimo quindi essere più ideale che imitativo (F)[3]. Sonovi però nella musica certe forme di convenzione inveterata, che servono ad esprimere i diversi sentimenti, ma alquanto imperfettamente, come per esempio le sincopi denotano agitazione, singulto, i modi minori, i movimenti larghi indicano tristezza, dolore, ecc. - Così pure la musica è eccitativa di diverse sensazioni, come la melanconia, il coraggio, la gioja, la calma (G)[4]. E sicuramente lo Stabat di Rossini eccita quasi sempre il sentimento di una patetica mestizia, di una placida tranquillità mista talora alle forti commozioni che desta il grandioso < d il sublime. Il sommo maestro parlando del suo Stabat mi disse che costretto a rivestir di note musicali quest’inno, conobbe l’impossibilità di evitare f uno di questi due inconvenienti. o annoiare il pubblic o colla monotonia cui costringe l’uniformità dei poetici concetti, o allontanarsi alcun poco dalla strettissima significazione delle parole per ottenere l’effetto che deve proporsi la musica. quello cioè d interessare l’attenzione degli ascoltatori, e di procurar loro gradevoli sensazioni. Di questi due inconvenienti egli, saggiamente a parer mio, ha scelto il secondo. L’intento è stato favorito dal clamoroso successo universale che ebbe il suo bel lavoro O). Che se si consideri, come pur troppo è vero, lo stalo di decadenza in cui giace ora la musica sacra in Italia ( del che si può di leggieri convincere entrando nelle nostre chiese ed udendo c/nal musica vi si eseguisca) bisognerà convenire che la musica dello Stabat di Rossini ha molto più il carattere sacro che non l’odierna ecclesiastica, e che ove se ne imiti coscienziosamente e filosoficamente lo stile dai venturi compositori di musica per chiesa, sarà desso la prima norma di una nuova maniera, che senza perder nulla della castigatezza, della dignità, della santità clic si conviene all’inl’interpretazione, all’adornamento dei sacri canti della cristiana nostra religione, avrà il sommo pregio di arricchirli di più soavi melodie, eli più espressive forme, di più sublimi e nuovi effetti istrumenlali e vocali. Cessi dunque in cotesti critici d’Italia e d’oltremonte la mania di denigrare quelle Opere che hanno in loro l’impronta del genio; e si persuadano che le loro parole vanno sperdute dal vento, e non tolgono certamente niuno di retto sentire ed elevato ingegno, dalla via su cui li conduce lo studio dei classici. - Più degli altri tacciano i compositori di musica, che ben loro sta il silenzio, ove consideriamo l’immensa distanza che li separa da quel sommo, cui la posterità men severa, e più giusta tributerà sempre omaggi, arderà quegl’Incènsi che fumano dinanzi agli altari dei grandi che furono, Mozart, Havdn, Beethoven!!!
(i) Tutti i più accreditati giornali di Francia, il Débats. il Courier français il Temps, la Gazette, la France musicale, la Presse, ed altri cinque o sei giornali si accordano nel dare elogi immensi allo Stabat di Rossini dopo la esecuzione fattane al teatro Italiano (*); la France musicale particolarmente discorre di questa uniformità d’opinioni di tanti giornalisti sopra il capolavoro di Rossini. II signor Casamorata soltanto ha citato quel forse unico giornale che per sue particolari ragioni ha bandito la croce contro lo Stabat del gran maestro!!! Nota del signor anonimo. (*) Non però senza interpolare le loro parole di lode con ischiette riflessioni critiche, e con quella indipendenza di opinioni che l'uomo di buon senso non rinega mai, anzi più libero e confidente di sè professa allorachè si tratta appunto di celebrità già stabilite su inconcusse basi. E questo, checché voglia far credere in contrario il signor anonimo bolognese, fu appunto il caso del nostro collaboratore al cospetto di Rossini. L’Estens.
CSegue il SispMìleìèieMtfòJ,
- ↑ Quanto sia chiara e fondata su buone leggi estetiche questa digressione dell'anonimo bolognese e fin dove abbia a che fare coll’articolo del sig. Casamorata, in verità noi non sapremmo capire.
- ↑ (E) Domandiamo mille perdoni al signor anonimo bolognese, ma non possiamo non dichiararci di opinione in tutto contraria alla sua, non foss’altro al solo oggetto di far onore all’epigrafe di Rousseau adottata per questa nostra Gazzetta. E vogliamo dire che non solo noi crediamo fermamente che la musica sia arte imitativa per eccellenza, ma che tale ella, possa essere vantata al di sopra della pittura e della scultura. E in fatto, quale altra arte può competere colla musica nella proprietà imitativa, ove solo si rifletta ch’essa giugne perfino a poter esprimere le tenebre, la luce, il silenzio, la solitudine, il disordine ec., o spieghiamoci meglio; a poter svegliare nel nostro animo le impressioni stesse che sogliono destar in noi codeste modificazioni della natura fisica e della vita, chè in questo solo e non in altro significato vuol essere presa la imitazione musicale subbie ttiva, ossia quella che ha sua azione più sul nostro animo che sui nostri sensi. Pigliamo alcuni esempii dalle Opere medesime dell’immortale autore dello Stabat. Si vegga l’Introduzione del Mosè, nella quale la tenebria che avvolge la corte di Faraone è con sì potente evidenza dipinta dall’indole speciale delle musicali modulazioni, dal supremo artifizio delle armonie, e da tutto il sapiente prestigio della stromentazione che lo spettatore per poco non è illuso al punto da credersi quasi avvolto nella caligine che regna sul ciglio de’ costernati egizii. E pel contrario, dopo la potente invocazione del temuto taumaturgo, si noti con quanta magia d’effetto la musica esprime il dissiparsi improvviso della fitta oscurità e il subito irradiar della luce. Nè si dica che questo mirabile effetto imitativo è prodotto dall’associazione de’ mezzi meccanici di altre arti ed in ispecie dalle indicazioni dell’azione drammatica. Certo è che la musica per ottenere tutto il suo trionfo pittoresco ha bisogno del sussidio de’trovati scenici e della poesia; ma poiché vediamo che v’ha delle musiche le quali, anche vantaggiate da questi medesimi aiuti, non raggiungono al par di altre lo stesso imitativo effetto, è duopo convenire ch’esso è per la massima parte dovuto alla sola arte de’ suoni per se medesima. Agli esempii or riferiti per sostenere che la musica è tanto imitativa da poter per fino rendere l’immagine delle tenebre e della luce, altri vorremmo aggiugnerne onde provare che la sua forza imitativa arriva pure al punto di ritrarre al nostro spirito l’idea della solitudine, del silenzio, del disordine... Veggasi ad esempio il classico duetto della Rosa rossa e la rosa bianca dell’esimio Mayer «È deserto il bosco intorno». Veggasi il primo pezzo della Creazione di Haydn ove con tanto studio di numeriche combinazioni è simulato il caos che precede la formazione degli elementi, ecc. E in un altro genere di musica veggasi l’introduzione dell’Italiana in Algeri ove sì vivamente è resa l’imagine d’un mare poco prima agitato dalla tempesta e coi fiotti ancora sordamente rimescolati. Certo è che a ben rilevare codesta specie di pitture musicali è uopo soccorra lo spirito dell’uditore e la sua più o men pronta immaginazione; ma e quando mai il bello dell*Arti ad essere ben compreso potè far senza dell’intelligenza e delio spirito di chi riguarda? e per ciò appunto dal maggiore o minor concorso di questa condizione estrinseca all’Arti stesse deriva che un mirabil quadro, una stupenda statua, un pezzo di musica ridondante di espressione, riescono muti e freddi d’effetto per taluni, in tali altri in vece, dotati di più pronta suscettibilità comprensiva, risvegliano gagliarde e sublimi impressioni. Dopo il fin qui detto osiamo sperare che il signor anonimo bolognese vorrà convenire con noi che la musica è arte imitativa non già al di sotto, ma anzi molto più della pittura cdella scultura, dacché ottiene d’esprimere que’ fenomeni stessi cui indarno vorremmo vedere imitati dalle altre due arti or nominate
- ↑ (F) Erronea sentenza che è contraddetta dalla opinione de’ più acclamati scrittori d’estetica musicale. Vedi Rousseau, Ginguenè, Momigny, Arteaga, Martini, Carpani, Lichtental e cento altri. Nessun dubbio che la musica sia dotata della imitazione obbiettiva, come da un dotto estetico (i cui profondi scritti verranno quanto prima inseriti in questa stessa Gazzetta) è chiamata quella imitazione che più specialmente si propone simulare i suoni materiali c i fisici fenomeni; ma questa specie secondaria di imitazione in ben poco conto è avuta dai grandi compositori; e se Havdn, se Paisiclio, se Cimarosa, se Gluck, e Gretry ne diedero alcuni luminosi esempii più il fecero per chiarire fino a che punto sapesser giugnere i meccanici artifici dell’arle, anziché per dar prova della vera sua potenza imitativa. Ed allorachò si proposero di addimostrarsi imitativi nel più alto significato della parola (1), non ad altro mirarono fuorché a dipingere gli alletti c le passioni poste in conflitto. Voler sostenere che la musica è più atta a imitare lo scroscio delle saette, il sibilar del vento e lo scalpitio dei cavalli.. anziché esprimere il dolore di chi langue e muore, gii accenti passionati di un disperato amante, ecc., c uno stesso che voler negare i più grandi prestigi dell’arte, quella potenza per cui si resero immortali i nomi de’sommi compositori della scuola italiana, i quali salirono a incontestata celebrità appunto perché colla musica seppero adeguare, anzi superare la massima potenza della poesia drammàtica in cui non è vera vita se non scaturisce dalla pittura dell’uomo morale con tutte le sue più svariate modificazioni psicologiche. Non per la maggior parte de’ nostri lettori, clic crediamo versati a sufficienza in simili disquisizioni da non avere bisogno dell’evidenza dc’fatti a convincerli della verità di quanto affermiamo, ma per rimovcrc dal suo inconcepibile abbaglio l’anonimo bolognese crediamo ben l’atto richiamargli alla memoria il terz-atto dell’Otello di Rossini. In questo solo brano di un sì lodato capolavoro, quanti esempii non si riscontrano da valere a confondere fino al rossore chi osi negare alla musica il potere di esprimere gli affetti c le passioni e sostenere che l’arte dei suoni è più ideale che imitativa! La patetica mestizia di Desdemona, il casto suo amore per lo sposo, c perfino il suo tristo presentimento della morte, con quale sublime c commovente verità musicale non sono dipinte nella sola romanza! E nella scena finale, la cupa disperazione del Moro, il delirio della gelosia, lo scherno atroce, il dubbio, la titubanza, indi Io scoppio di un furor brutale che anela a saziarsi nel sangue d’una vittima creduta colpevole... Con quali sublimi ispirazioni non sono ritratte tutte queste fasi diverse di uno spirito sconvolto dalle più violenti passioni!.. Rossini in questa scena seppe adeguare l’immenso genio di Shakespeare, e ciò è quanto mai possa dirsi per affermare che la musica è drammatica per eccellenza, ovverossia, atta per eccellenza a dipingere le morali alterazioni dell’animo umano. Ma è vano il più a lungo diffondersi. Se il signor anonimo bolognese vorrà riandare colla sola rimembranza la prodigiosa varietà di bellezze imitative ( e ripetiamolo, sempre ben inteso nel senso morale e col mezzo idealistico deil’arte) di che è ricca l’or ricordata composizione rossiniana, dovrà trovarsi ben mortificato d’aver proferita tale una eresia in fatto d’estetica musicale da togliere a chi osò porla innanzi il diritto di non più parlare di musica almeno per tre anni.
- ↑ (G) Con questa sua alquanto indeterminata definìzione il signor anonimo bolognese ci fa dubitare che ci non sappia bene clic cosa veramente debbasi intendere per imitazione musicale. E per tanto lo preghiamo a voler ricorrere alle opere filosofiche che trattano di proposito di simile importante argomento. B.