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Gli assembrati si levano come un sol uomo, e i portabandiere del giornalismo cominciano a sfilare dinanzi al padiglione.

— Sai tu — chiede a Foscolo l’Alfieri — a quanti ascendano i nuovi organi di mistificazione che oggi si istituirono a Milano per la bisogna delle elezioni?...

— Da seicento ad ottocento, salvo errore.

— Non meno di duemila...

Ma il rullo dei tamburi, il fragore delle tube egizie, e gli urli dei banditori di giornalismo ingrossati dai saxo—pelitti[1] coprono la conversazione dei due Primati di letteratura.

Qual discussione sensata potrebbe reggere a tanto frastuono?

Le arti della réclame oggimai costituiscono un caos. Chi leggerà quei duemila giornali quotidiani, proiettati sugli elettori dai carri luminarii e dalle gondole volanti?

È una grandine di carta stampata, un nembo di parole che ottenebra l’aria. In questa gara di candidati, che abusano di ogni trovato della industria moderna per ischiacciare i competitori, le idee ed i principii si sommergono, trascinando all’aberrazione anche i criteri più retti.

Quand’anche, mercé un accozzo di elocubrazioni inaudite, riuscisse a me di descrivere la babelica scena, qual mente umana potrebbe oggi comprendermi? Lasciamo che passi la volontà del paese, vale a dire la volontà dei mistificatori più audaci; e frattanto, mentre dura nella città il baccanale politico, usciamo a vedere ciò che si passa in un agro, sotto i limpidi raggi del sole di ottobre, all’epoca del più giocondo ricolto. In questa escur-

  1. Tube metalliche, usate dai banditori di città e dagli arringatori pubblici per ingrossare la voce.
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