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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goethe - Werther, 1873, trad. Ceroni.djvu{{padleft:211|3|0]]destra... Uscirono entrambi dal viale: io stetti un poco a riguardarli, nel mentre s’allontanavano: — il lume della luna batteva su di loro. Mi gittai a terra! sfogai nel pianto l’immensa piena del mio affanno; poi mi risollevai e corsi al terrazzo. Scòrsi ancora, sepolto tra l’ombra degli alti tigli, biancheggiare da lunge la sua candida veste, attraverso il cancello del giardino: — stesi convulso le braccia — era scomparsa[1]!

  1. Gl’Italiani leggeranno alcuni passi di questa lettera, ed altri che per avventura li somigliano, senza torcere la bocca al sogghigno, o mostrarsene stupefatti. La natura germanica è più ingenua insieme e più paziente della nostra. Dove noi sospettiamo, essa fida; dove la gelosia c’inviperisce, sorride; dove tempestiamo, ragiona, vuol sincerarsi; ove infine noi sbuffiamo odio e vendetta, ella soffre, tace e perdona. Così almeno, nelle generali, quando la passione dell’amore ci è sopra. Nè è ad invidiarsi quell’indole,
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