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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goethe - Werther, 1873, trad. Ceroni.djvu{{padleft:312|3|0]]nuove apparizioni: è deciso ch’io più non rinsavisca. Oggi... un’altra avventura, Guglielmo! O umanità! o destino inesorabile!

Passeggiavo lungo la sponda del fiumicello: era l’ora del desinare, ma non sentivo bisogno di cibo. Tutto dintorno era deserto: soffiava dalla montagna un vento umido e freddo di ponente[1], che addensava

  1. Ai lettori italiani non è forse inutile ricordare che il vento di ponente spira, più frequentemente d’ogni altro, in Germania; ed è particolarmente distinto pel suo carattere appunto di gelida umidità. Non è dunque lo zefiro, o favonio, dei nostri climi, che i poeti della Grecia e del Lazio divinizzarono, facendolo marito ora a Clori, ed ora a Flora, per rimeritarlo, come poteano, del tesoro di fiori e di verzura, che i suoi molli tepori evocano dall’assiderata terra, soffiando in primavera dalla plaga occidentale; e a noi, propriamente, dai lidi africani: d’onde sortì il nome d’Africus. Tanto che gli artefici, per testimonianza del Winckelmann, lo effigiarono giovinetto con chioma bionda ed ali di farfalla, e con un manto, colmo di fiori, innanzi a sè. (Nota del traduttore italiano.)
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