Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
werther. | 397 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goethe - Werther, 1873, trad. Ceroni.djvu{{padleft:403|3|0]]desse la mente. Cercò di riaversi, e lo pregò, singhiozzando, con una voce che le veniva dalle più intime viscere, a voler proseguire la lettura. Werther tremava tutto: pareva che il cuore gli si fendesse: ripigliò i fogli, e lesse con accento commosso:
«Perchè mi ridesti, o dolce auretta di primavera? Tu mi vezzeggi e mi dici: — Io verso su di te le rugiade del cielo. — Ma il tempo del mio avvizzire è vicino, vicina la tempesta che scompiglierà le mie foglie. Verrà domani il viandante che mi vide nella mia bellezza, mi cercherà ne’ campi l’occhio suo, e non mi troverà.»[1]
La profonda mestizia di queste parole piombò dolorosamente sul-
- ↑ Vedi la nota a pag. 288.