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L'UOMO DI MONDO 163

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Beatrice. Spicciatevi. Frattanto mi farò un poco assettare il capo. Trovatemi un parrucchiere. (a Brighella)

Brighella. Subito.

Ludro. La lassa far a mi; la servirò mi. Ghe manderò un Franzese, che xe el primo conzador de[1] testa, che se possa trovar.

Beatrice. Vorrà esser pagato molto.

Ludro. Gnente, la ghe darà quel che vorrò mi.

Beatrice. Chi è questo Veneziano? (a Brighella)

Brighella. Un galantomo de bon cuor. (a Beatrice)

Beatrice. Mi pare un buon uomo. (a Brighella)

Brighella. (No la sa, che galiotto che el sia). (da sè)
(Beatrice e Brighella entrano nella locanda).

SCENA II.

Silvio, Ludro, Truffaldino, Gondoliere.

Truffaldino. Se porta, o no se porta?

Ludro. Via, compare, deghe una man a quel galantomo, agiuteghe a portar quel baul. (al Gondoliere)

Silvio. E tutte quelle altre picciole cose.

Truffaldino. E cossa se vadagna?

Ludro. Portè drento, e lassè el pensier a mi, che sarè sodisfai.

Truffaldino. Arecordeve, che ho perso del tempo assae, e mi me fazzo pagar un tanto all’ora col relogio alla man.
(Prende il baule, aiutato dal Gondoliere, e ponendovi sopra altre coserelle, che sono nella gondola, portano tutto nella locanda).

SCENA III.

Silvio e Ludro.

Silvio. Che cosa dovremo dare a costoro?

Ludro. La gondola l’hala pagada?

Silvio. Non ancora.

Ludro. Xeli d’accordo?

Silvio. Nè meno.

  1. Ed. Zatta: da.
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