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194 | ATTO SECONDO |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1907, I.djvu{{padleft:248|3|0]]
Momolo. Al dì d’ancuo se ghe ne stenta a trovar.
Eleonora. Mi credete voi interessata?
Momolo. Ela? me vorla ben?
Eleonora. Basta così. Conosco di essermi un poco troppo avanzata. Compatitemi, e se siete in grado di credermi, non siate ingrato.
Momolo. Cercherò la maniera....
Eleonora. Con licenza, sono chiamata.
Momolo. La me lassa cussì sul più bello?
Eleonora. All’onore[1] di riverirvi. (parte)
SCENA IV.
Momolo solo.
Momolo. Momolo, saldi in gambe. No far che l’amor o che la compassion te minchiona. Varda ben, che la libertà no ghe xe oro che la possa pagar. Siora Eleonora la xe una putta de merito. La parla ben[2], la pensa ben, la dise che la me vol ben, ma per tenderghe a ela, no voggio perderme mi. Co se se voi maridar, bisogna resolverse de cambiar vita, e mi ancora me sento in gringola[lower-alpha 1], e no me sento in caso de principiar. (parte)
SCENA V.
Strada.
Ottavio, poi Momolo.
Ottavio. Ci va del mio decoro, se cedo così vilmente le mie pretensioni. Momolo è un uomo, come son io, e son capace di farlo stare a dovere. Codesti bravacci si danno dell’aria di superiorità, quando credono trovar del tenero, ma se si mostra loro i denti, cangiano con facilità. Se lo trovo, se mi provoca,
- ↑ In brio.