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LA DONNA DI GARBO | 433 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1907, I.djvu{{padleft:489|3|0]]
Diana. Io durerò poca fatica a seguir il tuo consiglio, essendo naturalmente inclinata a celare altrui il mio cuore.
Rosaura. Ma non basta celar il cuore, conviene talvolta ancora farlo credere diverso da quello ch’esso è.
Diana. Come sarebbe a dire?
Rosaura. Mi spiego: voi amate il signor Momolo; vostro padre, se lo sapesse, non v’acconsentirebbe, essendo il signor Momolo forestiere, scolare, ed un po’ pazzarello[1]: dunque con vostro padre dovete mostrarvi inimicissima di un tale amore, anzi a tutt’altro inclinata. Dovete mostrarvi attenta al lavoro, amica del ritiro, nemica delle finestre, aliena delle conversazioni, scrupolosa modesta, e sopra tutto semplice, in tutte le migliori cose del mondo. Quando poi vostro padre sarà convinto da una falsa apparenza, lasciate fare a me a trovar la via per condurlo[2].
Diana. Sì, Rosaura, così farò. Piacemi estremamente un tal metodo.
Rosaura. Voglio però darvi un altro avvertimento, buono a regolarvi col vostro amante. Con lui non fate tanto la semplice, ne siate facile a creder tutto. Gli uomini, signora mia, sono troppo sagaci, e ingannano le povere donne, ed io[3] ne ho provato per mia fatalità il disinganno.
Diana. Sei stata tu pure innamorata?
Rosaura. E in qual guisa! Ma sono stata ingratamente tradita. Oh, maledette lusinghe! Mah! Ecco vostro padre; chinate gli occhi, unite le mani sopra del grembo, stringete la bocca, e lasciate ch’io parli[4].
SCENA III.
Dottore e dette.
Rosaura. Eh via, signora, risvegliatevi da questo vostro letargo; se farete così, diverrete tisica in breve tempo. Bella consolazione che darete a vostro padre! Le figlie savie stanno bensì