< Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1907, I.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

LA DONNA DI GARBO 467

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1907, I.djvu{{padleft:523|3|0]]

SCENA IX.

Florindo, Isabella in abito da uomo, e detti.

Florindo. M’inchino al carissimo signor padre. Riverisco la signora cognata, la signora sorella, e quel signore ch’io non conosco: omnes, omnes simul, et in solidum.

Dottore. (Canchero, è spiritoso!) (da sè) Vien qui, il mio caro figlio, vieni fra le mie braccia, consolazione di questo povero vecchio. Hai fatto buon viaggio? Sei stanco?

Florindo. Veramente, per venir presto, oggi non ho pranzato: onde faciunt mea crura jacobum.

Dottore. (Parla bene latino). (da sè)

Beatrice. Signor cognato, mi consolo infinitamente di vedervi arrivato sano, virtuoso, e di sì bell’umore.

Florindo. Alla ciceroniana: Mihi gratulor, tibi gaudeo.

Diana. Caro fratello, quanta consolazione risento or che vi veggo alla patria tornato!

Florindo. Anch’io sono di ciò consolatissimo. Dulcis amor patriæ, dulce videre suos.

Lelio. Signore, alle consanguinee congratulazioni unisco anch’io le sociali mie contentezze[1].

Florindo. Fateor me tanto dignum honore non esse. (a Lelio)

Lelio. Ha studiato! È un uomo grande. Seco lei mi consolo, lo dirò nuovamente, degno rampollo d’un sì bel tronco, (al Dottore)

Florindo. Così è: derivata patris naturam verba sequuntur.

Dottore. Chi è quel giovanotto? Fa ch’egli si avanzi.

Florindo. Egli è uno scolaro mio amico: Amicus est alter ego: onde per ciò non ho potuto dispensarmi dal condurlo meco[2]. Ma si tratterrà poco tempo[3].

  1. Segue nelle edd. Bettin. e Paper.: «Assicurandovi che il globo terracqueo non vanta fra gl’individui razionali chi più di me esulti nel rimirare in voi il prototipo degli scienziati. Flor. (Chi diavolo è costrui? è pazzo?) (a Beatr.). Beatr. (È uno che ha per uso l’affettazione). Flor. (Non occorr’altro). Straboccando le grazie dal vostro categorico cuore, tanquam flumen ad altitudine mentis, vengono ad innondare e sommergere la brevità circonscritta de’ miei paludosi pensieri. Scilicet: fateor me ecc.».
  2. Bettin.: da meco condurlo.
  3. Bettin. e Paper. È vero che non est amicus noster, qui nostra bona tollit; ma si tratterrà poco tempo, non dubitate.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.