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470 ATTO SECONDO

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SCENA XI.

Florindo, Diana, Isabella.

Florindo. e voi, signora sorella, quando vi maritate?

Diana. Oh, io dipendo dal mio genitore.

Florindo. Se il genitore volesse, vi accompagnereste volentieri?

Diana. Per ubbidirlo.

Florindo. Solamente per ubbidirlo? Eh via, non fate meco la schizzinosa. Vi conosco negli occhi, che avete volontà di maritarvi. Siete mia sorella, e tanto basta.

Diana. Via[1], non mi fate arrossire.

Florindo. Ditemi: questo giovinetto vi piacerebbe?

Diana. È libero?[2]

Florindo. Sicuro.

Diana. Ma io forse non piacerei a lui.

Florindo. Chi sa? Volete, ch’io gliene parli?

Diana. Fate voi.

Florindo. (Sarebbe allegra con un tal marito!) (da sè)

Diana. (Questo mi pare più bello del signor Momolo; voglio partire, acciò abbia campo di dirgli qualche cosa) (da sè). Addio, signor fratello.

Florindo. Perchè partite?

Diana. Ho da finir un lavoro. (Mi raccomando a voi). Serva, quel signore.

Isabella. A voi m’inchino, signora.

Diana. (Che bella grazia!) (parte, guardando Isabella)

SCENA XII.

Florindo ed Isabella.

Isabella. Che diavolo fate? Siete pazzo? Far innamorare di me quella povera ragazza?

  1. Bettin. e Paper.: eh via.
  2. Nelle edd. Pasquali e Zatta le parole di Diana sono qui, e dopo, fra parentesi.
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