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LA DONNA DI GARBO | 475 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1907, I.djvu{{padleft:531|3|0]]
Florindo. Ma s’io son pronto a sposarvi.
Rosaura. E mi credete sì poco saggia, o tanto innamorata, che vi volessi porger la mano? l’ingannate: piuttosto sposerei la morte.
Florindo. (Manco male). (da sè)
Rosaura. Ho finto tutto ciò per iscoprire il vostro mal animo. Andate pure, sposate la vostra Isabella, ch’io già ho[1] ritrovato marito.
Florindo. Siete maritata? (Oh, il Cielo lo volesse!). (da sè)
Rosaura. Dimani seguiran le mie nozze.
Florindo. E siete venuta a maritarvi in casa mia?
Rosaura. Sì, per vostro tormento.
Florindo. Crudele! Su gli occhi miei? (affettando amore)
Rosaura. (Ancor[2] mi deride!) (da sè) Sì, su gli occhi vostri, ed ho scelto uno sposo che faravvi tremare.
Florindo. È qualche soldato?
Rosaura. Altro che soldato: stupirete, quando ve lo dirò.
Florindo. E chi è mai questo sì gran soggetto
Rosaura. Il Dottore vostro padre.
Florindo. Come! Mio padre? (con sorpresa)
Rosaura. Sì; non dissi che stupirete?
Florindo. Ed avete tanto coraggio? Sapete gli amori passati tra voi e me, ed ardirete sposarvi a mio padre?
Rosaura. Voi mi avete insegnato ad essere scellerata. (Fingasi per tormentarlo). (da sè)
Florindo. Ah, non lo soffrirò mai.
Rosaura. Ebbene: se vi dà l'animo, scoprite voi l’arcano. Rimediate voi al disordine; io per me sono risoluta di non parlare. Se il vostro genitore mi sollecita ch’io gli porga[3] la mano; se voi tacete, io pur taccio; pensateci voi, che per me ci ho pensato.
Florindo. (Che strana specie di vendetta è mai questa? Sì, sì, la farò scacciar da mio padre, senza pubblicar la mia colpa). (da sè)