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542 ATTO PRIMO

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Pantalone. Ma cossa se insonielo de sior Federigo?

Clarice. Se fosse vero ch’ei fosse qui, sarebbe per me una nuova troppo cattiva.

Pantalone. Che spropositi! No aveu visto anca vu le lettere? (a Clarice)

Silvio. Se anche fosse egli vivo e fosse qui, sarebbe venuto tardi.

Truffaldino. (ritorna) Me maraveio de lor siori. No se tratta cussì colla povera zente. No se inganna cussì i forestieri. No le son azion da galantomeni. E me ne farò render conto.

Pantalone. (Vardemose, che el xe matto). Coss’è stà? Cossa v’hali fatto?

Truffaldino. Andarme a dir che sior Federigh Rasponi l'è morto?

Pantalone. E cussì?

Truffaldino. E cussì l’è qua, vivo, san, spiritoso e brillante, che el vol reverirla, se la se contenta.

Pantalone. Sior Federigo?

Truffaldino. Sior Federigo.

Pantalone. Rasponi?

Truffaldino. Rasponi.

Pantalone. Da Turin?

Truffaldino. Da Turin.

Pantalone. Fio mio, andè all’ospeal, che sè matto.

Truffaldino. Corpo del diavolo! Me faressi bestemiar come un zogador. Mo se l’è qua, in casa, in sala, che ve vegna el malanno.

Pantalone. Adessadesso ghe rompo el muso.

Dottore. No, signor Pantalone, fate una cosa; ditegli che faccia venire innanzi questo tale, ch’egli crede essere Federigo Rasponi.

Pantalone. Via, felo vegnir avanti sto morto ressuscità[1].

Truffaldino. Che el sia sta morto e che el sia ressuscità, pol esser, mi no gh’ho niente in contrario. Ma adesso l'è vivo e el vederì coi vostri occhi. Vagh a dirghe che el vegna. E da qua avanti imparè a trattar coi forestieri, coi omeni della

  1. Zatta scrive: resuscitò.
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