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I DUE GEMELLI VENEZIANI 127

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Zanetto. Andemo a veder.

Arlecchino. Andemo.

Zanetto. Gh’astu[lower-alpha 1] la chiave?

Arlecchino. De cossa?

Zanetto. Della camera.

Arlecchino. Mi no.

Zanetto. Mo ti lassi cussì i bezzi e le zogie?

Arlecchino. Ma dov’eli i bezzi e le zogie?

Zanetto. Dove xeli?

Arlecchino. Oh bella!

Zanetto. Oh bona!

Arlecchino. Ma no v’ho dà a vu i bezzi e le zogie?

Zanetto. Mi no gh’ho abù[lower-alpha 2] gnente.

Arlecchino. (L’è matt in conscienza mia). (da sè)

Zanetto. Ma dov’eie le zogie de mio sior barba[1]? Le hastu portae?

Arlecchino. Le ho portae.

Zanetto. Ma[2] dove xele?

Arlecchino. Caro vu, andemo drento, che debotto me scampa la pazenzia[3]).

Zanetto. Mo via, subito ti va in collera. Le sarà de su in camera.

Arlecchino. Le sarà de su in camera.

Zanetto. Mo va là, che ti xe un gran alocco! (entra nell’osteria)

Arlecchino. Ande là, che sè un gran omo de garbo! (entra anche lui[4])

SCENA VIII.

Colombina sulla porta.

Arlecchino, dove siete? Oh questa è graziosa! Se n’è andato. Bell’amore che ha egli per me! Ma dove sarà andato? Basta, se vorrà, tornerà; e se non torna, a una ragazza come son io, non mancheranno mariti. (entra in casa)

  1. Gastu, hai tu.
  2. Barba, zio.
  1. Bettin.: bu; Savioli e Zatta: buo.
  2. Bettin.: Mo.
  3. Bettin.: pazienza; Paper.: pazienzia.
  4. Bettin.: anche egli.
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