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I DUE GEMELLI VENEZIANI | 151 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1908, II.djvu{{padleft:157|3|0]]
Zanetto. Da che far de un avvocato?
Bargello. Acciò faccia constare al giudice che queste gioje sono sue.
Zanetto. E ghe xe bisogno d’un avvocato? Chi lo sa meggio de mi, che quelle zogie xe mie?
Bargello. Sì, ma a lei non sarà creduto.
Zanetto. A mi no e all’avvocato sì? Donca se crede più alla busia che alla verità?
Bargello. Non è così: ma gli avvocati hanno la maniera per dir le ragioni dei[1] clienti.
Zanetto. Ma se paghelo l’avvocato?
Bargello. Sicuramente, gli si dà la sua paga.
Zanetto. E al giudice?
Bargello. Anche a lui tocca la sua sportula.
Zanetto. E a vu ve vien gnente?
Bargello. E come! Ho da esser pagato io e tutti i miei uomini.
Zanetto. Sicchè donca tra el giudice, l’avvocato, el baresello e i zaffi[lower-alpha 1], schiavo siore zogie.
Bargello. Ma non si può far a meno. Ognuno deve avere il suo.
Zanetto. Vualtri ave d’aver el vostro e mi no ho d’aver gnente? Bona! bella! me piase. Torno alle mie montagne. Là no ghe xe ne giudici, nè avvocati, nè sbiri. Quel che xe mio, xe mio, e no se usa a scortegar, col pretesto de voler far servizio. Compare caro, no so cossa dir. Spartì quelle zogie tra de vualtri, e se avanza qualcossa per mi, sappiemelo dir, che ve ringrazierò della caritae. Vegnì, ladri, vegnì, robeme anca la camisa, che no parlo mai più. Alla piegora[lower-alpha 2] tanto ghe fa che la magna el lovo[lower-alpha 3], quanto che la scana el becher[lower-alpha 4]. A mi tanto me fa esser despoggià dai ladri, quanto da vualtri siori. Sioria vostra. (parte)
Bargello. Costui mi pare un pazzo. Egli mi ha un po’ toccato
- ↑ Le più vecchie edd. hanno delli.