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200 | ATTO PRIMO |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1908, II.djvu{{padleft:208|3|0]]
SCENA III.
Pantalone vestito da campagna, e detti.
Pantalone. (Si ferma un poco sulla porta a osservare, poi con disivoltura s’avanza) Oh patroni reveriti! Oh che bella conversazion! Sior Lelio, sior Florindo, servitor umilissimo. (Lelio e Florindo si vogliono alzare, e Beatrice li trattiene)
Beatrice. Non vi movete.
Lelio. Perdoni, se prevalendomi della sua gentilezza, venni in di lei assenza a godere di quelle grazie, che dispensa generosamente la di lei casa. a Pantalone)
Pantalone. Patron, me maravegio, no ghe xe bisogno de ste dichiarazion.
Florindo. Io con rossore mi trovo a incomodare la signora Beatrice. (a Pantalone)
Pantalone. Anzi ela fa sempre grazia.
Lelio. E compito il signor Pantalone. a Beatrice)
Beatrice. (Eh, non lo conoscete quel vecchio furbo!) piano a Lelio)
Pantalone. Oh, siora Diana, anca ela la xe qua? Anca ela la se degna de onorar la mia casa?
Diana. La bontà della signora Beatrice mi ha dato coraggio di venirle a far una visita.
Pantalone. Beatrice fa el so debito, distinguendo el merito de siora Diana; e mio fio fa ben a impiegar le so attenzion per una zentildonna cussì garbata. (Ah cagadonao![lower-alpha 1]) da sè)
Diana. (Sentite con che dolce maniera ci tratta!) a Ottavio, piano)
Ottavio. (Oh se sapeste quant’è gatto! Non me ne fido punto). (piano a Diana)
Pantalone. Siora mugier[lower-alpha 2], cussì sussiegata? Gnanca un strazzo de benvegnuo[lower-alpha 3] al povero Pantalon? Cossa v’hogio fatto? Savè pur che sè le mie care raise[lower-alpha 4], che ve vogio tanto ben (ma ben, ma ben)! da sè)
Beatrice. Oh oh, quante cerimonie. Chi mi accarezza più di quel