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230 ATTO SECONDO

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SCENA VI.

Pantalone solo.

Come! anca Florindo me tradisse? Furbazzo, indegno; cussì el me manca de fede? El me domanda la fia, e pò el scampa[lower-alpha 1] per no sposarla? Ma come halo fatto a scampar de camera? La porta gera serada. Per de drento no se averze[lower-alpha 2]; e se s’averzisse, dopo no se puol serrar senza chiave. Oh poveretto mi! adesso scomenzo a tremar: la mia reputazion scemenza a pericolar. Ma gnente, forti, coraggio; troverò sior Florindo, lo cercherò mi, lo farò cercar da Brighella, e un poco colle bone, e un poco colle cattive, l’obbligherò a mantegnir la parola. Vaga la casa e i copi[lower-alpha 3], ma che se salva la reputazion. (parte, lasciando aperta la porta)

SCENA VII.

Rosaura sola, poi Arlecchino[1].

Rosaura. Mio padre se n’è andato, ed io non posso a meno di non tornare in questa sala. Oh, se potessi entrar in quella camera, quanto sarei contenta! Ma la modestia non lo permette. Eppure, chi sa! forse il mio Florindo mi brama e mi sospira, ed a me non conviene consolarlo per ora.

Arlecchino. Siora Rosaura, co le lagrime ai occhi me rallegro del vostro matrimonio.

Rosaura. Lo sai ancora tu che sono sposa, eh?

Arlecchino. Mo andè là, che avì fatt’una gran bestialità!

Rosaura. Per che causa ho fatto male?

Arlecchino. Se avevi pazienza, gh’era per vu un partido molt meio de questo.

Rosaura. Qual era questo miglior partito?

  1. Scampa, fugge.
  2. Averze, apre.
  3. Vaga la casa e i copi, vada la casa ed il tetto.
  1. Bettin. stampa qui e dopo Arlicchino.
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