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562 ATTO SECONDO

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Arlecchino. Per favor, per finezza, la ghe metta suso la bocca. (come sopra, gli offre il vino)

Pantalone. Via, receverò le vostre grazie. (lo vuol prendere)

Arlecchino. A la so salute. (egli stesso lo beve)

Pantalone. (Che creanza da aseno! Quello xe el tabaro de Pasqualin). (vede il tabarro di Pasqualino, attaccato alla parete)

Lelio. Vuol favorire, signor padre? (a Pantalone)

Pantalone. Per grazia del cielo no son più vostro pare, e se fussi stà veramente mio fio, a st’ora saressi un pezzo lontan de qua.

Lelio. In Levante a drittura mi volevate mandare?

Pantalone. Vardè che bella cossa! Missier Menego vostro pare, poverazzo, el se sfadiga, el xe a un traghetto per vadagnarse el pan, e vu qua a l’ostaria co le squaquarine[1].

Sbrodegona. Coss’è ste squaquarine, sior vechio mato?

Malacarne. Parlè ben, savè, perchè se no scoverzirò tuti i vostri petoloni[lower-alpha 1].

Pantalone. Via, tasè là.

Malacarne. So tuto, savè, e siben che sè vechio...

Pantalone. Via, me maraveggio dei fatti vostri.

Lelio. Sarà meglio che ce n’andiamo nell’orto, e che lasciamo questo vecchio pazzo.

Sbrodegona. Andemo pur dove che volè.

Malacarne. Andemo a chiapar un poco d’aria, che gh’ho la testa calda. (Lelio e i compagni partono, dando mano alle donne)

SCENA IV.

Pantalone, Arlecchino, e Pasqualino sotto la tavola.

Pantalone. Vardè che roba! Vardè che razza de zente! Vardè dove e come se perde la zoventù! (osservando quelli che partono)

Arlecchino. Sior Pantalon, comandela un altro goto?

  1. Errori celati, magagne non sapute.
  1. Sgualdrine.
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