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604 | ATTO TERZO |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1908, II.djvu{{padleft:614|3|0]]
Bettina. Oh, ghe vol assae a farme rider.
Catte. Sastu chi xe?
Bettina. Via mo, chi?
Catte. La lustrissima siora Marchesa, sola co fa una mata.
Bettina. Gh’aveu tirà[1]?
Catte. Mi sì.
Bettina. Cossa vorla da mi?
Catte. Indevinela[2] tu grilo.
Bettina. Che la vegna pur, sentiremo.
Catte. Oe, se la fa la mata, per diana che la scufia va in tochi.
SCENA VIII.
La marchesa Beatrice e dette.
Beatrice. Vi saluto, Bettina.
Bettina. Serva, lustrissima.
Beatrice. Buon giorno a voi, signora Catte.
Catte. Strissima, strissima. (sussiegata)
Beatrice. Voi stupirete, o Bettina, vedendomi in casa vostra, e molto più stupirete, quando saprete il motivo, che qui da voi mi conduce.
Bettina. La vien in t’una povera casa, ma da ben e onorata.
Beatrice. Io sono la più infelice dama di questo mondo.
Bettina. Cossa voi dir? Cossa ghe xe sucesso?
Beatrice. È stato carcerato il Marchese mio consorte; i creditori mi hanno spogliata la casa, mi hanno levato tutto, ed una dama di condizione è costretta a mendicare sostentamento e ricovero.
Catte. Sorela, gh’hastu farina zala? (a Bettina)
Bettina. Da cossa far?
Catte. No ti senti? Don’Ana[3] spasiza per portego[lower-alpha 1].
Beatrice. Molte dame forestiere conosco, e a molti cavalieri potrei ricorrere, ma, confesso il vero, arrossisco e non ho coraggio
- ↑ Ha fame.