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124 | ATTO PRIMO |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, IV.djvu{{padleft:132|3|0]]
Rosaura. Perchè è tanto burlevole e giocoso, gli ho messo nome Arlecchino.
Lelio. Ma gli arlecchini sono goffi, e costui è furbo come il diavolo.
Rosaura. In oggi i buoni arlecchini sono più spiritosi che goffi.
Brighella. L’illustrissimo sior conte Onofrio vorria riverirla. (a Rosaura)
Beatrice. Mio consorte. (a Rosaura)
Rosaura. Favorisca, è padrone. Presto, un’altra sedia. Lì, lì, presso la signora Contessa. (a Brighella)
Beatrice. Che volete ch’io faccia di mio marito vicino?
Rosaura. Aspetta. (a Brighella) (Dove l’abbiamo da mettere?) (piano a Lelio)
Lelio. (Appresso di voi). (piano a Rosaura)
Rosaura. (Di sopra, o di sotto?) (come sopra)
Lelio. (Oh, di sopra, di sopra).
Rosaura. Mettila qui. (a Brighella)
Brighella. (Se i mi padroni i sta troppo qua, i deventa matti). (mette la sedia, e parte)
Beatrice. (Questa povera donna è in una gran confusione). (da sè)
SCENA VIII[1].
Il conte Onofrio e detti.
Onofrio. Schiavo di lor signori.
Lelio. Amico, vi son servo.
Rosaura. Signor Conte, posso bene annoverarmi fra le donne più fortunate, se vi degnate di onorar la mia casa colla vostra[2] presenza.
Onofrio. Oh garbata signorina! Chi è questa signora? (a Beatrice)
Beatrice. Questa è la signora donna Rosaura, moglie del signor Fiorindo Aretusi di Castellamare.
Onofrio. Mercante, non è vero? (a Rosaura)
Rosaura. Fu mercante.