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456 ATTO PRIMO

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SCENA XIII[1].

Brighella e detti.

Brighella. Eccellenza, l’è qua la signora donna Elvira, che desidera reverirla.

Luigia. Vi è nessun cavaliere con lei? (a Brighella)

Brighella. Eccellenza sì. Gh’è el signor...

Luigia. Ecco qui. Tutte hanno il cavaliere che le serve, ed io non l’ho. Conte, tocca a voi.

Brighella. La senta, Eccellenza: con la signora donna Elvira no gh’è miga nissun, se la m’intende. Gh’è sior don Filiberto so consorte.

Luigia. Vedete? I mariti delle altre vanno colle loro mogli; mio marito con me non viene mai; par che non mi possa vedere.

Sigismondo. (Ora per invidia le viene volontà anche di suo marito). (da sè)

Brighella. Sior don Filiberto l’è partido, e la siora donna Elvira l’è restada sola, e la desidera udienza da V. E.

Luigia. Dille che passi.

Brighella. Manco mal. (La servitù de donna Elvira dirà che mi gh’ho poca creanza). (da sè, parte)

Conte. Signora, con vostra buona licenza, vi levo l’incomodo.

Luigia. Perchè volete privarmi delle vostre grazie?

Conte. Il signor Governatore mi aspetta.

Luigia. Non so se l’attenzione che avete per lui, l’avete per me.

Conte. So la stima che devo a ciascheduno di voi; All’onore di riverirvi. (in atto di partire)

Luigia. Conte. L’appartamento di mio marito resta di qua. Di là si va nella camera d’isabella.

Conte. Ecco la dama che arriva. Non anderò nè di qua, nè di là. (parte per la porta di mezzo)

  1. Sc. XI nell’ed. Bett.
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