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482 ATTO SECONDO

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Aspasia. (Se mi dà le cento doppie, vado via subito). (da sè, parte con don Sancio)

Luigia. Ehi, Colombina; Colombina, dico, dove sei?

SCENA XIII[1].

Donna Isabella e detta.

Isabella. Colombina non c’è, signora.

Luigia. E dov’è andata?

Isabella. Non lo so. È andata giù.

Luigia. Sarà andata anch’ella a pettegoleggiare coi servitori.

Isabella. Serva sua. (in atto di partire)

Luigia. Fermatevi. (Isabella si ferma) Tenete questo spillone[2]; portatelo sulla tavoletta, e tornate qui.

Isabella. Signora sì. Oh, come mi starebbe bene! (se l’accosta[3] al tuppè)

Luigia. Animo.

Isabella. Me lo lasci provare.

Luigia. Signora no.

Isabella. La prego.

Luigia. Via, impertinente.

Isabella. (Tremando parte.)

Luigia. Grand’ambizione ha colei! Se niente niente la lasciassi fare, mi prenderebbe la mano.

Isabella.[4] (Ritorna.)

Luigia. Venite qui. (donna Isabella s’accosta) Tiratemi giù questo guanto.

Isabella. (Vuol che le faccia da cameriera). (da sè)

Luigia. Via, presto[5].

Isabella. Ma se non so fare.

Luigia. Uh sguaiataccia![6]

  1. Sc. XII nell’ed. Bett.
  2. Bett. e Pap.: questi spilloni.
  3. Bett. e Pap.: se ne accosta uno.
  4. Comincia nell’ed. Bett. la sc. XIII.
  5. Bett.: animo.
  6. Bett., Pap. ecc.: Uh asinaccia. Ti darei uno schiaffo.
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